Corriere della Sera, 6 febbraio 2015
È il momento della verità per re Abdallah II di Giordania. Da leader un poco grigio, platealmente considerato «il figlio scelto da papà Hussein», potrebbe uscire da questa crisi come la vera guida della nazione, temprato dall’esperienza e capace di assumere decisioni coraggiose
È il momento della verità per re Abdallah II di Giordania. Da leader un poco grigio, per nulla carismatico e, dalla sua ascesa al trono nel Duemila, platealmente considerato «il figlio scelto da papà Hussein», potrebbe uscire da questa crisi come la vera guida della nazione, temprato dall’esperienza e capace di assumere decisioni coraggiose. A segnare la differenza potranno essere le scelte che compirà nei prossimi giorni nei confronti dello Stato Islamico (Isis). Il Paese chiede vendetta dopo la diffusione quattro giorni fa da parte dei jihadisti di Raqqa (in Siria) del video dell’esecuzione del giovane pilota Mouath al-Kasasbeh. «Bruciato vivo! E in una gabbia, come un animale» gridano rabbiose le folle in manifestazione. È difficile trovare nella storia della Giordania momenti di tale unitaria mobilitazione popolare a favore della guerra.
Le prime mosse del re sembrano in sintonia con gli umori della piazza. Ieri gli F16 dell’aviazione hanno sorvolato a bassa quota i cieli di Amman e Kerak, la città natale della tribù Kasasbeh, di cui è parte importante la famiglia dell’«eroe-martire», come si legge sui manifesti appesi nelle vie della capitale. «Sono gli stessi tipi di aerei su cui volava Mouath e tornano da missioni di bombardamento sulle regioni controllate da Isis in Siria» annunciavano nel frattempo i media controllati dal regime, senza fornire altri dettagli. In quello stesso momento re Abdallah era ripreso in tv mentre incontrava il padre del pilota nella tenda della veglia funebre, che, nel pieno rispetto della tradizione beduina, è stata eretta di fronte all’abitazione della famiglia. L’agenzia stampa nazionale «Petra» nelle ultime ore ribatte le dichiarazioni più importanti del monarca: «Daremo la caccia a questi criminali, li colpiremo nelle loro stesse case. Combattiamo questa guerra per proteggere i nostri valori, la nostra fede, i nostri principi umanitari».
Uno dei compiti più difficili del re sarà però quello di non compiere il passo più lungo della gamba. Un conto è riprendere i raid aerei (erano stati interrotti il 24 dicembre nella speranza di negoziare con Isis la liberazione del pilota) in coordinamento con la coalizione guidata dagli americani che dall’estate scorsa bombarda Isis in Iraq e Siria (non è escluso che quelli giordani siano aumentati). Un altro è mandare truppe di terra a operare oltre confine. Un passo maldestro, un eventuale massacro di truppe speciali, potrebbe trasformare il consenso in rivolta aperta. Non sarebbe la prima volta.
Gli osservatori locali fanno notare le fragilità storiche della Giordania: tradizionalmente Stato cuscinetto nel cuore di una regione costellata di crisi endemiche. Le tribù sunnite della «sponda orientale» del Giordano sono da sempre le strutture portanti della corona Hashemita. Eppure il loro status dal 1948 è costantemente minacciato dalle masse di profughi palestinesi.
Anche la struttura demografica del Paese desta inquietudini. Ancora nel 1971 i giordani sfioravano a malapena il milione e mezzo. Oggi sono quasi otto milioni e mezzo, in grande maggioranza giovani o giovanissimi, tanti in cerca di lavoro, tanti vittime della crisi economica globale.
La grande preoccupazione per Abdallah sarà quella di conservare la nuova, e ancora fragile, immagine di leader interessato al suo popolo più che di gregario pronto a soddisfare le richieste Usa. Non a caso la propaganda di Isis mira a disegnarlo come un burattino al soldo di Washington.
Oggi il suo nuovo carisma deriva dall’autogoal di Isis che, diffondendo il video del «martirio» del pilota, si è attirato le ire anche delle tribù sunnite giordane più conservatrici e legate a filo doppio a quelle irachene. Sua preoccupazione sarà dunque quella di rafforzarsi come difensore della patria minacciata dalla barbarie del nemico alle porte.