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 2015  febbraio 06 Venerdì calendario

Il Pd torna a salire nei sondaggi: 39,5%. E oggi tutti i senatori di Scelta civica, eccetto il fondatore Mario Monti, e forse anche qualche deputato, potrebbe entrare a far parte del partito di Renzi. La Serracchiani: «Forza Italia non più necessaria»

A Largo del Nazareno le aspettavano ottimisti, convinti di trovare conferma dell’«effetto Mattarella». Non sono stati delusi: le rilevazioni settimanali di Swg, condotte dopo il weekend, danno il Pd al 39,5% (+1,7% rispetto alla settimana scorsa), Lega stazionaria (12,2%), Forza Italia in calo (15,1%, meno 1 punto), così come Ncd (3,2%, -0,6) e M5S (17%, -0,8). Risultati che si intrecciano ad altri arrivati a Palazzo Chigi, rilevati dall’Istituto Piepoli, e che sono concordi nel battezzare come un successo l’elezione del capo dello Stato, con un governo considerato rafforzato per il 47% degli intervistati, che per il 58% hanno apprezzato l’azione di Renzi, e la fiducia nell’esecutivo in salita di 4 punti in due settimane, al 51%. 
Il paradosso dei numeri
Numeri che aumentano nei sondaggi, e pure nella consistenza del gruppo parlamentare del Pd al Senato: oggi tutti i senatori di Scelta civica, eccetto il fondatore Mario Monti, e forse anche qualche deputato, potrebbe entrare a far parte del Pd, dopo che ieri sera Renzi, nelle vesti di segretario, ha evocato una «condivisione» che può portare a «un approdo comune» (guadagnando gli strali del sottosegretario Zanetti: «Demenziale entrare nel Pd su chiamata»). Prova della forza attrattiva del Pd, anche se, per uno di quei paradossi che si producono talvolta in politica, a questo raffrozamento del gruppo potrebbe parallelamente corrispondere un calo di voti sulle riforme nelle aule del Parlamento. Frutto del congelamento (rottura?) del patto del Nazareno con Forza Italia. Tanto che potrebbero esserci ripercussioni sulle riforme? «I numeri di Fi sono stati necessari in passato, ma non credo lo saranno più», è sicura la vicesegretaria dem Debora Serracchiani, «non escludo che tanti parlamentari siano consapevoli della responsabilità fino al 2018».
Nuovi responsabili
Tanto basta perché nei Palazzi si riaccenda la suggestione dei «Responsabili», come si chiamò quel gruppo di parlamentari che ai tempi del governo Berlusconi arrivò da altri gruppi in soccorso all’esecutivo. «Di responsabili il governo Berlusconi è morto e spero che le lezioni servano», predica il ministro di Ncd Lupi. «Troveremo tutti i numeri di cui abbiamo bisogno in Parlamento», garantisce però Ettore Rosato, vicepresidente Pd alla Camera. Nella minoranza del partito sono convinti che una «scialuppa» di salvataggio potrebbe lanciarla il più vicino a Renzi dei berlusconiani: «Un pattino del Nazareno – dice Pippo Civati – guidato da quel Denis Verdini che si aggira sornione con un drappello di parlamentari pronti a remare nella direzione del nuovo leader». Ma Civati stesso, ieri, si è visto con alcuni senatori ex M5S, tentati da un passaggio a sinistra: se alla Camera l’ex pentastellato Rizzetto chiarisce che «non abbiamo nessuna intenzione di andare in soccorso alla maggioranza», a Palazzo Madama sono cinque o sei quelli con cui i dem considerano possibile una discussione. «Certo che c’è un’apertura al dialogo col governo», concede uno di loro, Francesco Campanella, «ma solo se il governo rivede il suo ddl costituzionale. Non siamo disponibili a dare un appoggio come ruota di scorta». Ma il patto è rotto?In realtà, però, nessuno crede veramente che Fi voglia sfilarsi. La lettura più diffusa è quella di un renziano del cerchio stretto: «Devono solo far vedere i muscoli, sapendo che non possono menare… E noi dobbiamo rispondere per le rime».