la Repubblica, 6 febbraio 2015
Berlusconi, da sé, non ha la minima idea di essere decaduto, e continua a portarsi, per carattere, come se fosse uno fichissimo, ammiratissimo, bravissimo, bellissimo e giovanissimo. È evidente, dunque, che toccherebbe ad altri nel centrodestra deporlo, sia pure cortesemente
Le cronache sul centrodestra, le sue convulsioni, la sua crisi hanno tutte o quasi un tocco surreale, e quel tocco è Berlusconi. È praticamente inspiegabile la sua gioiosa permanenza al centro di una scena che egli stesso ha provveduto a devastare mediante una delle più clamorose catastrofi politico-elettorali della storia umana (sei milioni di voti scomparsi in un paio d’anni: neanche i bond greci sono così malridotti). Lo si vede sorridere, regalare le sue irresistibili battute, distribuire pacche sulle spalle e parole di affettuoso incoraggiamento come spetterebbe a un condottiero vittorioso, o comunque a un capo soddisfatto che raccoglie il meritato plauso dei sottoposti. Incarna, invece, il fantasma di un’epoca sepolta, travolta dagli eventi, e sbalordisce l’incapacità degli italiani di centrodestra, che pure non sono pochi e neanche tutti fessi, di sbarazzarsi, pur con la dovuta delicatezza, di un signore dal carisma così datato. Che alla destra ha dato tanto, ma sta togliendo altrettanto.
Lui, da sé, non ha la minima idea di essere decaduto, e continua a portarsi, per carattere, come se fosse uno fichissimo, ammiratissimo, bravissimo, bellissimo e giovanissimo. È evidente, dunque, che toccherebbe ad altri deporlo, sia pure cortesemente; con qualche anno di ritardo, per giunta, rispetto alla scadenza naturale. Ci sono tramonti che necessitano, per compiersi, di qualcuno che spenga la luce.