Corriere della Sera, 5 febbraio 2015
Il fenomeno del gingseng, entrato anche nel paniere Istat come ingrediente aggiunto al caffè. Dall’Oriente ai nostri bar, così ha conquistato gli italiani
La consacrazione è arrivata con il paniere Istat: nel 2015 escono registratore dvd e impianto hi-fi ed entrano caffè al ginseng e assistenza fiscale. Ma se non sorprende che tra le 1.441 voci attraverso le quali viene calcolata l’inflazione adesso ci sia la ricevuta del Caf (soltanto i nomi delle nuove tasse per la casa hanno bisogno di un interprete), colpisce invece l’ingresso del caffè al ginseng tra gli indici di prezzo al consumo per l’intera collettività: a riprova di un apprezzamento che non nasce semplicemente dalla curiosità, ma da un’abitudine ormai consolidata per gli italiani.
«Lo chiedono soprattutto le donne, tra i trentacinque e i cinquant’anni», spiega Patrick Hoffer nella doppia veste di presidente del Comitato italiano del caffè, che raggruppa ottanta produttori, torrefattori e distributori, e di titolare del Caffè Corsini, azienda di famiglia dal 1950 con venti milioni di fatturato. «L’ingresso del ginseng nel paniere non può che rallegrarci: per noi non è un prodotto in competizione con l’espresso; rappresenta l’evoluzione del gusto del consumatore al quale stiamo cercando di andare incontro. Nella nostra azienda la fetta dedicata a questo prodotto non raggiunge il 10 per cento, ma è significativo il riscontro sul mercato: e infatti lo distribuiamo sia nel canale bar che in quello domestico, più moderno».
Il caffè al ginseng, in realtà, è stato preceduto dalla fama della sua radice, nata in Oriente, molto diffusa in Corea, Thailandia e Malesia e ben radicata nella tradizione medica cinese. Il suo estratto viene utilizzato come energizzante e antiossidante, e già il nome latino della pianta, Panax, panacea, rimedio per tutto, promette benefici per l’organismo che ne favoriscono il consumo. Sui blog femminili non c’è un pezzo che non ne metta in evidenza le proprietà stimolanti, in particolare dopo le vacanze, quando c’è più bisogno di bruciare i grassi accumulati durante le feste. Ed è significativo che tutte le nuove macchinette aziendali del caffè abbiano una selezione al ginseng che comprende corto, lungo, macchiato, cappuccino e cappuccino con cacao: insomma, la declinazione di una regola e non più l’eccezione.
«Noi abbiamo cominciato a commercializzarlo nel 2003, dopo aver conosciuto un ragazzo di Forlì che era tornato entusiasta dalla Thailandia e lo distribuiva agli amici», racconta Carlo Roversi, direttore commerciale di PePe, società leader nella distribuzione delle macchinette del ginseng. «Il primo anno distribuimmo cinquecento macchinette superando la diffidenza dei baristi grazie alle degustazioni. Lo scorso anno ne abbiamo installate cinquemila nei bar e tremila negli uffici».
Non è un caso che pure un colosso del dolciario come «Fabbri 1905» cinque anni fa abbia deciso di investire in questo settore. L’amministratore delegato Nicola Fabbri, il più giovane della quarta generazione della famiglia che ha un fatturato di 70 milioni di euro l’anno, fa il punto: «In Italia l’aromatizzazione del caffè è in una fase elementare rispetto ad altri Paesi, come gli Stati Uniti. Però anche da noi stanno cambiando le cose, altrimenti non si spiegherebbe la comparsa di figure professionali come i “maestri del caffè”. Per questo abbiamo proposto ai nostri consumatori Mixybar Ginseng, il primo sciroppo per aromatizzare caffè, cioccolate, cappuccini, tè, frappè e frullati».
Certo, convincere i puristi è una partita persa in partenza. Lo sa bene il proprietario dello storico Gran Caffè Gambrinus di Napoli quando, all’inizio del 2013, chiese a Giorgio Napolitano in visita con sua moglie Clio: «Presidente, vuole un ginseng?»; e quello rispose, impassibile: «No grazie, prendo un caffè».