La Stampa, 5 febbraio 2015
«È pericoloso, ha circuito ragazzi, anche minori». Chiesti 14 anni di carcere per il professore di Saluzzo accusato di violenza sessuale, induzione alla prostituzione minorile e detenzione di materiale pedopornografico
Quattordici anni di carcere. Quarantamila euro di multa. Niente attenuanti generiche. Una richiesta di «pena esemplare» dicono soltanto gli avvocati Emiliana Olivieri e Luca Dalla Torre, difensori di Fabrizio Pellegrino, 51 anni, insegnante di scuola media a Costigliole Saluzzo ed ex presidente dell’Associazione Marcovaldo di Caraglio, finito sotto processo per violenza sessuale, induzione alla prostituzione minorile e detenzione di materiale pedopornografico. Accuse studiate a fondo dalle pm Patrizia Gambardella e Laura Ruffino, che ieri mattina hanno ricostruito la vicenda davanti al giudice Cristiano Trevisan e ai cinque avvocati delle sei parti civili costituite su 19 parti lese individuate dagli inquirenti. Tutti ragazzini, alcuni minorenni ancora oggi. Gli avvocati hanno chiesto danni per quasi 400 mila euro, anche se è difficile che Pellegrino possa pagare quella cifra.
Il processo è con rito abbreviato, senza pubblico e con la possibilità per l’imputato di ottenere uno sconto di un terzo della pena. Altrimenti, gli anni di carcere chiesti dalla procura sarebbero stati 21.
I filmati e i giochi erotici
Il professore aveva la passione per le scenette sado-maso. I giovani invitati a partecipare erano in gran parte ex studenti, anche se nell’ultimo evento organizzato aveva allargato l’orizzonte approfittando di Facebook. Chiedeva ai ragazzi di indossare mimetica e stivali di gomma, che lucidava con il viso. Oppure, si faceva calare in una vasca da bagno piena di letame e chiedeva di essere punito se avesse tentato di uscire. E poi c’è tanto altro, raccontato dalle centinaia di fotografie e filmati trovati dalla Polizia Postale sul computer del professore. Le immagini consentono di individuare gli scenari, la stanza dei giochi nel castello dove aveva sede l’Associazione Marcovaldo. Ma anche locali della casa dove viveva, nel Cuneese.
Diciannove vittime
Ieri mattina, Pellegrino era in aula. Ha ascoltato la lunga requisitoria dei pm, ha preso appunti. Questioni di diritto, massime della Cassazione e qualificazioni giuridiche di quei giochi di ruolo, di quelle scenette che hanno come obiettivo di dare piacere, almeno a Pellegrino. Abbastanza per attribuire un contenuto sessuale, secondo la procura.
In più, il professore aveva un ruolo di dominio. I pm lo hanno definito «un manipolatore». Pericoloso, tanto da tenerlo ancora in cella. Dal 2010, aveva convinto a giocare con lui almeno 19 ragazzi. Qualcuno anche in più occasioni. Ecco perché sarebbe pericoloso. Dopo anni, però, era arrivata solo una denuncia. Grazie a questa è stato sollevato il velo su quelle perversioni, ancor più cariche di emozioni e di timori proprio perché maturate in ambienti ristretti, dove tutti si conoscono, dove la vergogna pesa più del desiderio di giustizia.
Violenza psicologica
Il professore non è mai stato violento. La sua arma era la persuasione, aiutata dai soldi, elargiti ai ragazzi che partecipavano ai giochi e alle attività dell’associazione. Negli interrogatori davanti ai pm, Pellegrino aveva anche tentato di giustificare le centinaia di fotografie e di filmati custoditi nel computer. Immortalavano le scenette. Lui era il regista, anche se immagini non sempre lo ritraevano. «Sono per me, non li ho mai diffusi» ha spiegato. I magistrati non gli credono. I difensori parleranno il 9 marzo.