Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  febbraio 05 Giovedì calendario

I ritardatari cronici sono dei malati che possono guarire. Se per l’Italia è un malcostume sociale, negli Stati Uniti è considerata una vera patologia. «I loro minuti durano 77 secondi»

È la prima lezione che imparano i giovani talenti italiani quando emigrano qui in America: non si tollera il minimo ritardo. Basta sforare di cinque minuti, e al colloquio per l’assunzione ti chiudono la porta in faccia. Proprio per questa sua rigorosa disciplina della puntualità, l’America ha inventato anche la Scienza del Ritardatario. E le terapie per curarne la sindrome. Perché se in Italia il ritardo cronico è malcostume sociale, nel contesto americano non ha scuse “culturali”. Quindi è una devianza del singolo, una patologia. Poiché i costi sono alti – a livello collettivo il ritardo è una perdita di produttività, per i singoli “ammalati” tante opportunità perdute – se ne occupa molto seriamente The Wall Street Journal. Che redige una sintesi di tutte le ricerche scientifiche condotte in questo campo. Una di queste fa capo all’équipe medica dello psicologo Jeff Conte alla San Diego State University. Divide la specie umana in individui del tipo A (precisi, puntuali, competitivi, anche con punte di aggressività) e del tipo B cioè i ritardatari. Il tipo B, secondo questi ricercatori, ha addirittura un orologio mentale diverso, dove le lancette si muovono più lentamente. Il tipo A organizza la sua vita come se un minuto durasse 58 secondi, per il tipo B invece dura ben 77 secondi. Un divario del 30% nella percezione del tempo è sostanziale. La stessa squadra di ricercatori ha sottoposto ad alcuni esperimenti 181 addetti alla metropolitana di New York, scoprendo che i ritardatari cronici spesso sono anche i malati del “multi-tasking” sempre indaffarati a fa- re due o tre cose simultaneamente: la mancanza di puntualità coincide con un difetto di concentrazione.
Un altro guru della Scienza del Ritardo citato nella stessa inchiesta è Roger Buehler della Laurier University nell’Ontario (Canada). La sua ricerca, nella sintesi che ne fa il Wall Street Journal, conferma le radici patologiche del ritardo cronico: chi è affetto da questa sindrome, mediamente sottovaluta del 40% il tempo che sarà necessario per compiere una determinata operazione. Dunque, non arriva in ritardo per maleducazione, mancanza di rispetto verso gli altri, ma perché sistematicamente sbaglia i calcoli su quanto tempo ci metterà a traversare la città o a finire un lavoro. Questa conclusione non contraddice, anzi conferma la tesi dell’orologio mentale: il ritardatario si muove in un universo temporale differente, la sua percezione del tempo è difettosa, le sue previsioni sono condannate all’errore.
Converge in questa direzione il lavoro di un terzo esperto della Scienza del Ritardo, Justin Kruger. Lui unisce una preparazione accademica nella psicologia sociale, e un incarico universitario al dipartimento di marketing presso la Stern School of Business (New York University). Concorda con gli altri sul ritardo come malattia, proprio osservando la società americana dove la sanzione sociale del ritardatario è severa. “C’è chi continua ad arrivare tardi, malgrado le sanzioni e i disincentivi che lo penalizzano”. Kruger si è posto il problema di trovare la cura, visto che di malattia si tratta. Se il problema per gli individui del tipo B è una carenza previsionale, uno dei rimedi consiste nello “scomporre” in tanti elementi una singola operazione. Se l’appuntamento è con il tuo boyfriend, prova a immaginare in anticipo quanto tempo ci vuole per fare la doccia, lo shampoo, asciugarti i capelli, vestirti, truccarti, chiamare un taxi, ecc. Suddividendo i vari passi successivi per arrivare all’appuntamento, ci si aiuta a fare una previsione più realistica. Idem per un impegno di lavoro, la preparazione di un documento da presentare in ufficio, e così via.
Nella stessa logica si arriva ai consigli pratici, del tipo: se hai un appuntamento la mattina presto, la sera prima devi tirar fuori dal guardaroba tutti i vestiti; imposta l’allarme del telefonino con degli squilli scadenzati un’ora prima, 30 minuti prima, 15 minuti prima. Tutto questo presuppone, però, una volontà di redimersi. Il problema “culturale” rimane. Così come la tolleranza del ritardo è più elevata in Italia, nel mondo arabo o in India, allo stesso modo qui negli Stati Uniti è stato misurato l’handicap competitivo sul mercato del lavoro che colpisce alcuni gruppi etnici: in particolare i giovani maschi afroamericani, spesso meno puntuali della media.