La Gazzetta dello Sport, 5 febbraio 2015
La risposta che vorremmo avere è questa: il nuovo orrore sparso a piene mani negli ultimi giorni, significa che l’Isis è alla disperazione oppure che è sempre più forte e arrogante?• Siamo in grado di rispondere a questa domanda? Non siamo in grado e anzi si fronteggiano a questo punto due scuole di pensiero, che sostengono l’una o l’altra tesi

La risposta che vorremmo avere è questa: il nuovo orrore sparso a piene mani negli ultimi giorni, significa che l’Isis è alla disperazione oppure che è sempre più forte e arrogante?
• Siamo in grado di rispondere a questa domanda?
Non siamo in grado e anzi si fronteggiano a questo punto due scuole di pensiero, che sostengono l’una o l’altra tesi. Chi sostiene la tesi che l’Isis è agli sgoccioli ricorda che i curdi hanno riconquistato Kobane e che gli americani hanno sottoposto fino ad ora gli uomini di al Baghdadi a seimila raid aerei, una sequenza dalla quale è difficile non uscire tramortiti in modo definitivo. Però sull’altro lato, sul lato cioè di coloro secondo i quali il Califfo è più forte e potente che mai, si mostra che l’Isis è comunque molto attivo, c’è stato il teatro dei due giapponesi poi soppressi e le scene feroci del rogo a cui è stato sottoposto il pilota giordano. Inoltre i jihadisti spadroneggiano dal Sinai alla Libia, dal Maghreb al Sahel. Anche l’idea che al Baghdadi debba soffrire dal punto di vista finanziario (un tasto delicatissimo e decisivo, di cui troppo spesso ci si dimentica nelle analisi) perché il contrabbando di petrolio, con i pozzi mai manutenuti, non potrà andare avanti a lungo, si risponde facendo vedere che gli uomini del Califfo si avvantaggiano non solo dal commercio nascosto di greggio, ma anche da un traffico imponente di opere d’arte che allo scorso giugno risultava aver fruttato 36 milioni di dollari.
• Non è un guaio per loro che la Giordania si stia preparando a entrare con più decisione nella guerra sul territorio di Iraq e Siria?
Forse, uccidendo in quel modo il pilota giordano, quelli dell’Isis hanno commesso un errore. La reazione di re Abdallah è stata molto forte: rientrato dagli Stati Uniti ha fatto impiccare la jihadista irachena Sajida al-Rishawi, quella che nel 2005 aveva partecipato all’assalto degli hotel di Amman (61 morti) e di cui gli uomini del califfo avevano chiesto la liberazione. E con lei ha dato ordine di procedere – sempre per via di un cappio al collo – anche nei confronti di Ziad al-Karbouli, a suo tempo collaboratore di al Zarqawi, catturato nel 2006 e che adesso si trovava nella galera di Swaqa. Le dichiarazioni successive del vertice giordano sono molto violente: si annuncia un martellamento delle postazioni del califfato attraverso «duri raid». Anatemi vengono lanciati su al Baghdadi anche dall’università del Cairo e dal nuovo monarca saudita, secondo il quale l’assassinio del pilota giordano è «contrario all’Islam e a tutti i valori dell’umanità». Soprattutto, assassinando il pilota, al Baghdadi ha perso tutta la simpatia delle tribù giordane di confine, che finora lo avevano considerato con una certa benevolenza in odio agli hashemiti che governano ad Amman. Adesso la Giordania vive un momento di forte recupero nazionalista e il re, intensificando il suo ruolo di alleato occidentale, avrebbe l’approvazione del popolo.
• Quant’è largo a questo punto il fronte di guerra?
Si combatte in Afghanistan, in Siria, in Iraq, nei territori sotto il controllo dell’Isis (qui il sunnita al Baghdadi è fronteggiato soprattutto dalle truppe sciite iraniane), poi in Africa in tutta l’area in cui imperversa Boko Haram e, da ultimo, in Libia, paese spaccato in due, senza governo e con la maggior parte dei pozzi chiusi, dove regnano in contrasto tra loro due primi ministri, due presidenti e due parlamenti, entrambi vessati dalle controffensive della shura di Bengasi (la fascia cirenaica tra Ajdabiya e Bengasi) e da quelle dell’emirato di Derna, tre milizie che hanno aderito ufficialmente all’Isis. Sa che in Libia c’è stato un attacco contro il giacimento di al Mabrouk di proprietà della francese Total?
• L’ho sentito alla radio.
Secondo quello che riferiscono le agenzie sarebbero andati all’assalto affiliati dell’Isis. Ci sarebbero quattro morti (nessun francese) e tre persone sarebbero state rapite. Una di queste è francese. La Total ha fatto rientrare in patria nel 2013 i lavoratori di al Mabrouk. Il pozzo è chiuso.
• Ho sentito che si stanno riarmando anche i giapponesi.
L’articolo 9 della loro Costituzione, imposto dagli americani subito dopo la guerra, vieta al Giappone qualunque iniziativa di guerra. Il primo ministro Shinzo Abe ha annunciato di voler emendare quel punto della Carta in modo da rendergli possibile la protezione dei cittadini nipponici all’estero. Non so neanche se è una buona notizia: il fronte delle nazioni pronte a far la guerra tende ad allargarsi.