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 2015  febbraio 04 Mercoledì calendario

A parte Scelta Civica, non c’è partito italiano che non abbia esaltato Tsipras. Da ultimo, a sorpresa, anche Silvio Berlusconi: «Questa Europa non funziona, sono d’accordo con lui»

La scoperta che anche Silvio Berlusconi ha un debole per Alexis Tsipras (scoperta non di ieri, però: già la scorsa settimana aveva detto che «la vittoria di Tsipras fa bene all’Europa») probabilmente chiude il cerchio. L’ultimo partito italiano che ancora diffida degli scamiciati di Syriza è Scelta civica, o quel che ne rimane: l’onorevole Gianfranco Librandi ha detto che Tsipras è «populista» e che il vero rischio greco è un immediato aumento delle tasse. Per il resto ognuno si prende Tsipras, o almeno il pezzetto conforme. Tsipras piace a Casa Pound, semmai preoccupata che «si venda subito a Matteo Renzi e ai poteri forti» (preoccupazione condivisa dal vicepresidente grillino della Camera, Luigi Di Maio), e piace a Paolo Ferrero di Rifondazione comunista (esiste ancora), berlusconianamente persuaso che «la vittoria di Tsipras è la vittoria di tutti». Tsipras piace al Pd di Matteo Renzi, per esempio al vicesegretario Debora Serracchiani («siamo convinti che consoliderà in Europa il percorso per la crescita per cui ha lavorato Renzi»), piace all’europarlamentare Gianni Pittella («Renzi è un antesignano di Tsipras»), e naturalmente piace a Renzi medesimo, il quale ieri si è trovato molto d’accordo col premier greco sulla crescita, il ruolo della cultura e un sacco di altre belle cose.
E però Tsipras piace da matti alla minoranza del Pd, cioè ai nemici di Renzi: piace al sottosegretario Francesco Boccia («la vittoria di Tsipras è uno schiaffo a tutta Europa»), piace a Stefano Fassina («la vittoria di Syriza è un fatto straordinario, può essere una svolta per la democrazia oltre che per l’Un ione europea»), piace a Gennaro Migliore che viene dalla sinistra estrema e ora è della sinistra renziana («vai Alexis!»), e piace oltre ogni limite a Nichi Vendola, il leader di Sel («Voglio che sappiate che il mio cuore e la mia mente sono lì, in Grecia, insieme a voi!»). Così c’è un filo, anzi un groviglio che unisce cinque stelle, civatiani, berlusconiani e antiberlusconiani. Il fittiano Daniele Capezzone si è chiesto se nemmeno le elezioni in Grecia daranno la sveglia all’Europa, e Fitto in persona ha cercato di sottrarre Tsipras («un segnale di cambiamento profondo») al Pd, dove si assiste alla «merkellizzazione di Renzi».
Che cosa manca? Manca l’Ncd, ma ecco Maurizio Sacconi («il risultato in Grecia segna il fallimento di un ceto politico»); mancano i Fratelli d’Italia, ma ecco Giorgio Meloni («il risultato in Grecia racconta il fallimento della Trojka»); serve completare sui cinque stelle ed ecco Danilo Toninelli («il nemico euro è solo scosso, il ko tra qualche mese, la vittoria di Syriza è un fatto importante e positivo»). E non può mancare la Lega, così ecco Matteo Renzi («Tsipras è uno schiaffo dell’Europa») ed ecco Bobo Maroni («non c’entrano più destra e sinistra, ma se questa Europa sia ancora casa nostra»). Ecco, in fondo è tutto lì. E Berlusconi, che oggi è con Tsipras («questa Europa non funziona, sono d’accordo con lui»), era con Tsipras anche quattro anni fa, prima ancora di sapere che esistesse.