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 2015  febbraio 04 Mercoledì calendario

L’esecuzione brutale del pilota giordano sarà un boomerang per l’Isis. I terroristi islamici potevano fare pressione sulle tradizionali tribù per indebolire Re Abdallah, giocare con i loro antichi sentimenti antioccidentali e spingerle alla ribellione. Invece l’uccisione nella gabbia con le fiamme ha convinto proprio le tribù giordane a sostenere con maggior determinazione la guerra contro il Califfato

Poteva essere una buona idea quella dell’Isis: fare pressione sulle tradizionali tribù giordane per indebolire Re Abdallah, giocare con i loro antichi sentimenti antioccidentali, e addirittura spingerle alla ribellione aperta. Ma, alla prova dei fatti, il primitivismo brutale dei jihadisti sembra avere causato il classico effetto boomerang e convinto proprio le tribù giordane a sostenere con maggior determinazione la guerra contro di loro.
Per comprendere questo occorre fare un passo indietro e ricordare le fondamenta del sistema di potere giordano, così come cresciuto dopo la Prima guerra mondiale. Da allora infatti la monarchia Hashemita si basa sulla lealtà delle cosiddette «tribù della sponda orientale», che sono le antiche popolazioni beduine residenti a est del Giordano. I loro legami con il regime si fecero progressivamente più importanti con lo sviluppo della questione palestinese dopo la nascita dello Stato di Israele nel 1948. Allora infatti l’anziano re Abdallah, e poi re Hussein (rispettivamente nonno e padre dell’attuale monarca), furono spinti dalle dinamiche della regione a fondare il loro potere sulla parte non-palestinese del Paese. Dopo la guerra del 1967 e il «Settembre nero» di tre anni dopo, quando l’Olp di Yasser Arafat tentò addirittura di defenestrare la monarchia, re Hussein prese misure drastiche. Da quel periodo nessun palestinese può aver alcun ruolo nei posti chiave del potere. In particolare, tutti gli ufficiali dell’esercito vengono dai giovani delle tribù della sponda orientale, che non devono avere alcun legame con i palestinesi della Cisgiordania. Tra loro un ruolo chiave hanno appunto i piloti dell’aviazione militare.
Non stupiscono dunque le mosse estremamente caute intraprese da re Abdallah dopo che il giovane pilota Muath al-Kasasbeh venne catturato da Isis a Raqqa lo scorso 24 dicembre. Ha ricevuto il padre Safi a corte, è stato più volte tra i notabili della tribù nella loro casa natale a Karak, nel meridione del Paese. Il suo atteggiamento è stato più volte giudicato come troppo filo-occidentale tra i notabili locali. Suo padre, re Hussein, nel 1991 si fece crescere la barba, si circondò di imam e ulema, e rifiutò di partecipare alla coalizione internazionale guidata dagli americani per scacciare le truppe di Saddam Hussein dal Kuwait. Sapeva bene che il cuore sunnita della Giordania profonda nutre forti simpatie per i «fratelli» sunniti in Iraq e Siria. Re Abdallah, educato e cresciuto tra le migliori università anglosassoni e il cui inglese parlato sino a pochi anni fa era meglio dell’arabo, non ha le stesse sensibilità. Però capisce che in questo caso i desideri delle tribù vanno soddisfatti.
Si spiega così la sua aperta disponibilità a scambiare la terrorista kamikaze irachena per la vita del pilota. Ma se ora dovesse venire provato che questi era già morto il 3 gennaio, oppure, ancora peggio, che ora è stato bruciato vivo, le caute simpatie tribali giordane per i «fratelli» sunniti potrebbero facilmente trasformarsi in desiderio di vendetta a fianco del loro monarca e degli americani.