30 gennaio 2015
Diario dell’elezione presidenziale. Primo giorno. Renzi candida Sergio Mattarella per il Quirinale, Berlusconi offeso e ferito per lo strappo, Alfano segue il Cavaliere. Alla prima votazione fumata grigia, come da copione: Pd, Forza Italia e Ncd votano scheda bianca, i grillini Imposimato, Fdi e Lega Vittorio Feltri. Psicodramma fra i forzisti, a sinistra sono sicuri: sabato avremo il nuovo Capo dello Stato
Il meglio dai giornali di oggi sul voto per il Quirinale.
La giornata politica inizia molto presto, alle sette di mattina, quando Raffaele Cantone varca la soglia di Palazzo Chigi. L’incontro con il Matteo Renzi viene fatto filtrare alle agenzie. In molto pensano a un messaggio del premier a Silvio Berlusconi [Carlo Bertini, Sta].
Alle 13.30, davanti ai Grandi elettori del Pd e in diretta streaming, in un centro congressi dalle parti di via Margutta, Matteo Renzi annuncia ufficialmente la candidatura di Sergio Mattarella per il Quirinale. Il premier accompagna la scelta definendola «occasione per cancellare lo smacco del 2013», l’affossamento della candidatura di Romano Prodi [Marco Galluzzo, Cds].
Mattarella sarà votato dai grandi elettori del Pd dalla quarta votazione, aggiunge Renzi. «Lo voteremo alla quarta, alla quinta, e pure alla sesta se sarà necessario. Ma se falliamo con Sergio, non ci sarà un altro candidato del Pd». Per i primi tre turni di voto l’indicazioni è la scheda bianca [Renato Pezzini, Mes].
Alle prime tre votazioni è necessaria la maggioranza di due terzi dei Grandi elettori, quindi 672 su 1.009 votanti. Dalla quarta in poi il quorum si abbassa a 505, la maggioranza semplice.
Renzi ha già il quadro chiaro. Sa che sulla carta i numeri sono così delineati: 445 voti del Pd, 34 di Sel, 32 di Scelta Civica, 13 di centristi, 32 delle autonomie e 15 di Gal, più una decina di ex grillini, in totale 581 voti. Tenendo conto del 10 per cento fisiologico di franchi tiratori si arriverebbe a 520, solo 15 in più del necessario. Possono bastare ma si rischia [Carlo Bertini, Sta].
Renzi traccia poi un ritratto di Matterlla senza sfumature, se non positive: uomo dalla «schiena dritta, della battaglia contro le mafie e della politica con la P maiuscola». Ma non solo: Mattarella «uno dei pochi che ha avuto il coraggio di dimettersi». E poi «è giudice costituzionale e noi stiamo cambiando la Costituzione. Mattarella è difensore della Carta che non significa imporne l’intangibilità, ma essere capace di valorizzare i processi di transizione».
Il Pd approva all’unanimità la candidatura di Mattarella.
Anche questa volta l’assemblea applaude unanime, e c’è chi fa gli scongiuri. Anche due anni fa era accaduto lo stesso. Comunque, i parlamentari Pd ci credono. Ed escono sorridenti incamminandosi verso Montecitorio con l’ilarità di una scolaresca in gita. Renziani a braccetto con bersaniani, Fassina che per una volta dimentica la sua solita aria torva, Cuperlo che si prodiga in elogi al premier: «Ha scelto di privilegiare l’unità del partito». Bersani pare addirittura gongolante: «Ce la faremo». E perfino Rosy Bindi è tentata dal dare una carezza a Matteo, ma si ferma un attimo prima: «È stato bravo? Beh, diciamo che siamo stati bravi tutti» [Renato Pezzini, Mes].
Nichi Vendola si dice molto soddisfatto e fa sapere che Sel voterà Mattarella dalla quarta votazione. Prima sulla schede i suoi scriveranno Luciana Castellina, «una donna straordinaria».
Atmosfera completamente diversa dalle parti di Palazzo Grazioli dove Berlusconi dalla mattina è in riunione permanente con i suoi. In Forza Italia c’è chi parla di tradimento. Il Cavaliere è frastornato: «Vado a farmi una passeggiata, devo pensare» [Renato Pezzini, Mes].
A pochi minuti dal voto di berluscones in giro non se ne vedono. Il Cavaliere dopo un incontro con Alfano lontano da occhi indiscreti, alle 14, ha convocato i suoi grandi elettori ai piani alti di Montecitorio. E malgrado i suoi personali tentennamenti, dà retta a chi suggerisce di fare la voce grossa: «Il Patto del Nazareno è stato rotto, voteremo scheda bianca anche dopo la terza votazione». Pure gli alfaniani si sono riuniti e decidono di non piegarsi al premier: «Però l’alleanza di governo non è in discussione» [Renato Pezzini, Mes].
Sarà la prima volta che un ministro dell’Interno e altri ministri non votano il nuovo capo dello Stato [Amedeo La Mattina, Sta].
Ncd si è però diviso su cosa fare alla quarta votazione, quella decisiva per eleggere Mattarella. Vecchi Dc come Giovanardi vogliono votare Mattarella. C’è chi invece, tra i Grandi elettori Ncd, vorrebbe rompere il patto di governo. Ipotesi totalmente scartata dai tre ministri Alfano, Lupi e Lorenzin [Amedeo La Mattina, Sta].
«Aspetto ordini, e comunque io con Mattarella andrei benissimo perché siamo cresciuti tutti e due nella sinistra Dc» (Antonio Razzi) [Mattia Feltri, Sta].
Lega e Fratelli d’Italia già da mercoledì hanno fatto sapere che voteranno Vittorio Feltri.
Calderoli non è entusiasta di votare insieme con i Fratelli d’Italia, che lui chiama i Cugini di Campagna. Non crede a Mattarella e dice: Finocchiaro o Delrio [Aldo Cazzullo, Cds].
Alle 14 si chiudono le votazioni online degli iscritti al Movimento 5 Stelle per scegliere il loro candidato. Alle 14.20 ecco i risultati: ha vinto Ferdinando Imposimato con il 32%. Sarà votato dal gruppo parlamentare sin dal primo scrutinio.
Hanno partecipato alla Quirinarie del M5S 51.677 iscritti certificati. Il dettaglio dei risultati:
Ferdinando Imposimato, 16.653 voti (32%)
Romano Prodi, 10.288 (20%)
Nino Di Matteo, 6.693 (13%)
Pierluigi Bersani, 5.787
Gustavo Zagrebelsky, 5.547
Raffaele Cantone, 3.341
Elio Lannutti, 1.528
Salvatore Settis, 1.517
Paolo Maddalena, 323
Antonio Martino, solo, in un angolo dell’emiciclo. Forza Italia ha usato il suo nome come candidato di bandiera e poi l’ha gettato via [Alessandra Longo, Rep].
Alle 15 i campanelli di Montecitorio chiamano i grandi elettori in aula per la prima votazione.
Sullo scranno più alto presiedono Laura Boldrini e Valeria Fedeli, vicepresidente del Senato. Al momento dello spoglio, saranno sei donne a passarsi le schede. «Segno tangibile del cambiamento dei tempi», enfatizza Stefano Pedica, Pd. Diciamo pure: immagine a parzialissima compensazione del genere maschile del futuro presidente [Alessandra Longo, Rep].
I primi a votare sono i senatori a vita. Giorgio Napolitano attraversa il Transatlantico fra due ali di folla. È lunghissimo l’applauso con il quale il Parlamento lo accoglie. Così lungo e intenso da annullare qualche scontato «buuh» e fischio dei grillini. E da non fargli notare, forse, i cartelli con una storica prima pagina del Manifesto intitolata «Non moriremo democristiani» inalberati dalla pattuglia leghista. Gli altri sono tutti in piedi. Compresi i grandi elettori di Forza Italia, che esprimono un omaggio a metà, rinunciando a battere le mani [Marzio Breda, Cds].
Dopo aver votato, Napolitano si sposta in Transatlantico e risponde ai cronisti. Presidente, non ha ricevuto nessuna telefonata questa volta? «Che dovevano fare? Scassare la Costituzione per farmi ritornare?». Presidente, le piace Mattarella? E lui: «Sono contento in linea di principio per chiunque sia il mio successore». Però, poi, qualcosa la dice su quello che sarà con ogni probabilità l’erede: «È una persona di assoluta lealtà, correttezza, coerenza democratica e alta sensibilità costituzionale, garantirà le riforme». Lo ha votato? «Sono domande proibite» [Alessandra Longo, Rep].
Umberto Bossi alla buvette: «Mattarella per Berlusconi sarebbe la morte. Gli porterà via pure le televisioni» [Aldo Cazzullo, Cds].
Il resto del pomeriggio è una lunga, e anche un po’ noiosa, marcia verso la fumata nera. Nessuno sta al suo posto, Scilipoti e Razzi tirano pacche sulle spalle ai colleghi. Calderoli e il senatore a vita Carlo Rubbia votano con la sciarpa al collo [Alessandra Longo, Rep].
Tra i 1.009 grandi elettori due non rispondono alla chiama perché sono agli arresti: Francantonio Genovese del Pd in galera, Galan di Forza Italia ai domiciliari nella sua villa palladiana [Aldo Cazzullo, Cds].
Pippo Civati vota Prodi e lo dice, Gianni Cuperlo esce platealmente con la scheda immacolata e la piega in diretta prima di infilarla nell’urna [Alessandra Longo, Rep].
I due grillini Barbara Lezzi e Matteo Dell’Osso, fotografano la scheda con il nome di Imposimato, nonostante il divieto dei regolamenti parlamentari. Manlio Di Stefano invece fa un video con il suo telefonino, posta e poi rimuove: «Vi porto in cabina a votare con me il presidente che ci avete indicato. Speriamo che la Boldrini non ci cazzi e nessuno ci becchi. Vi metto nel taschino, venite con me» [Alessandro Trocino, Cds].
Intanto Sergio Mattarella trascorre tutto il giorno chiuso nel suo ufficio alla Consulta, a lavorare. La sua segretaria storica, la signora Leandra, non risponde al telefono. Lui parla solo con poche fidate persone [Fabrizio Roncone, Cds].
Alle 17.45 il presidente della Camera Boldrini inizia lo spoglio delle schede elettorali. Ogni voto deve essere letto ad alta voce a tutta l’aula, con il presidente pro tempore del Senato, Valeria Fedeli, che partecipa controllando ogni scheda.
I risultati della prima votazione arrivano alle 19.10. Su 975 votanti le schede bianche sono 538, 120 i voti per Imposimato, 49 per Vittorio Feltri (indicato da Lega e Fdi), 37 voti per Luciana Castellina (Sel), 25 per Emma Bonino (Psi di Riccardo Nencini), 23 per Stefano Rodotà (ex grillini di Alternativa libera), 14 per Gabriele Albertini (gruppo di Mario Mauro), 11 per Claudio Sabelli Fioretti, 9 per Romano Prodi e Mauro Morelli (forse corrente campana di Fi), 8 per Massimo Caleo, 5 per Pierluigi Bersani.
Tra i voti sparsi, come da tradizione ormai, una preferenza è andata al Conte Mascetti di Amici Miei, Ezio Greggio ne ha presi due come Sabrina Ferilli, mentre Paolo Mieli, Giuliano Ferrara e Massimo Giletti si sono fermati ad uno. Un voto anche per Francesco Totti e Gigi Riva. Delusione per Giancarlo Magalli, il più votato nel sondaggio online del Fatto Quotidiano, che però in Aula ha preso solo due voti [Paolo Emilio Russo, Lib].
E tra i voti dispersi c’è anche quello per una giovane giornalista: raccontava ieri alla Camera che il fidanzato allergico al matrimonio ha scherzato: «Ti sposo solo se prendi un voto». Un parlamentare del Pd che passava di lì l’ha preso sul serio [Francesca Schianchi, Sta].
Enrico Mentana, che durante la diretta su La7 si lascia sfuggire: «Ma chi cazzo è questo Morelli?».
Mauro Morelli è capogruppo di Sel alla quinta municipalità di Napoli. Traduttore e copyrighter per siti stranieri, ha 38 anni ed è perciò ineleggibile al Quirinale. Contattato poi al telefono dai cronisti, Morelli prova ad azzardare qualche ipotesi sul perché sia stato votato: «Ho alcuni amici in Parlamento come Massimiliano Manfredi con cui ho militato nella Sinistra giovanile dei Ds, o Gennaro Migliore. Su google con il mio nome ci sono un fotografo e un prete. Forse è stato un omaggio degli amici, essendo appena arrivata a casa mia figlia [Ottavio Lucarelli, Rep].
Dopo le 19 Giovanni Toti è circondato da capannelli di dubbiosi e incerti. Berlusconi è stato costretto a rientrare a Milano, il Tribunale di Sorveglianza non lo ha autorizzato a restare a Roma. A tarda ora Fitto a cena coi suoi lancia il suo pronostico: «Silvio e Angelino fanno già a gara per chi tornerà per primo su Mattarella» [Carmelo Lopapa, Rep].
Girano voci che nelle prossime votazioni Raffaele Fitto, capo dei dissidenti berlusconiani, potrebbe ordinare alla sua truppa (36 grandi elettori) di sostenere in segreto Mattarella, pur di fare danno al Cavaliere e incolparlo del disastro politico. E Minzolini, dissidente che a Berlusconi vuole bene, avverte: «Se facessimo una cosa del genere perderemmo la nostra credibilità» [Ugo Magri, Sta].
La miglior battuta della giornata quella di un socialista ieri di passaggio a Montecitorio, l’ex sindaco di Milano, Paolo Pillitteri, che la faccenda l’ha spiegata così: «Per entrare nella Terza repubblica i parlamentari della Seconda eleggono uno della Prima» [Mattia Feltri, Sta].