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 2015  gennaio 30 Venerdì calendario

McDonald’s è in crisi, la Barbie rischia di andare in pensione, la Lego e la Wii non godono più di tanta fortuna. Il vento dei consumi è cambiato e i marchi globali sono stati travolti

Tramonta l’era del panino Mc Donalds, l’hamburger più famoso del mondo che ha dato un senso alla parola fast food, diventato uno dei simboli del capitalismo occidentale. E cade la testa dell’amministratore delegato, Don Thompson sostituito da Steve Easterbrook, che era il chief brand officer. Cosa sta succedendo? Tutta colpa della recessione o invece è un segnale che i gusti sono definitivamente cambiati e che i «millennials», i giovani nati dal 1980, si sono stancati del fast food? Certamente il gruppo non riesce più a intercettare i gusti e le esigenze dei consumatori visto il crollo delle vendite negli Stati Uniti e in tutto il mondo. Lo scorso anno il calo di clienti di McDonald è stato del 3,6% a livello mondiale e del 4,1% negli Usa.
Nuovi concorrenti
Non aiutano le campagne salutiste e non basta avere inserito nei menù insalate e dieta mediterranea. Troppo forte la concorrenza di nuove catene che propongono un menù più vario, spesso di migliore qualità o che comunque viene percepito come tale. Soprattutto se si tratta di hamburger. Dilagano le hamburgerie che offrono un servizio ai tavoli, anche se basico, e la possibilità di personalizzare il panino. In California, in Arizona, in Nevada e in Texas il nemico più acerrimo di Mc Donalds si chiama In-N-out Burger dove la politica è chiaramente espressa dal creatore Harry Snider: «Dai ai clienti gli alimenti più freschi e di più alta qualità possibile». Negli Usa i competitor sono tanti e agguerriti. Non solo fast food, ma anche ristoranti specializzati a basso costo dove i clienti hanno la sensazione di spendere qualche dollaro in più in cambio di qualità e scelta. Dilaga l’hamburger-mania e calano gli introiti Mc Donald’s, una contraddizione su cui stanno lavorando gli uffici prodotto e marketing del colosso Usa che sta testando in California un ristorante dove i clienti possono “costruire” un hamburger su misura. Molto più difficile reagire nel resto del mondo dove spopolano i locali per giovani dedicati al panino con polpetta. In Italia cresce l’hamburgeria di Eataly che ha iniziato una strategia di affiliazione in tutta in Italia. In Gran Bretagna non c’è che l’imbarazzo della scelta da Gourmet burger kitchen e Byron.
Ma la crisi dei prodotti simbolo dell’occidente ricco e felice lambisce anche altre icone come la Coca Cola, che ha registrato l’anno appena passato un cale dell’utile nonostante i volumi di vendita più elevati di tutto il mondo. Anche qui cambio al vertice con Marcos De Quinto nuovo chief marketing officer al posto di Joe Tripodi. Un cambio di rotta che partirà con un aumento dell’investimento in pubblicità da un miliardo di dollari da qui al 2016. E si insisterà sulla svolta salutista con un taglio del 20% delle calorie.
Corre il videogame
Rischia il pensionamento anche la Barbie, bambola icona della bellezza femminile sexy e vitaminica, che sente il peso dei suoi 56 anni. Negli ultimi 12 mesi il titolo della Mattel ha perso il 14% del suo valore. Le vendite sono in calo da più di un anno, e nell’ultimo trimestre del 2014 l’utile netto della compagnia è sceso del 59 per cento, i ricavi del 6. Un risultato che ha fatto fare le valigie all’ad Bryan Stockton. «Colpa delle nuove tecnologie», sostiene l’azienda. Le bambine e le ragazzine preferirebbero videogames alle bambole. Ragionamento che fa acqua visto che anche le consolle come la Wii non godono più di tanta fortuna per colpa di smartphone e tablet mentre giochi creativi e di fantasia come quelli della Lego (dieci anni fa era sull’orlo del fallimento) sono sempre più popolari.