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 2015  gennaio 30 Venerdì calendario

Il fallimento dell’Obamacare. Sei milioni di multe per tutti quelli che non hanno aderito al piano sanitario del Presidente Usa. La tassa va da un minimo di 95mila dollari all’1% del reddito. E l’anno prossimo raddoppierà

La scure delle tasse si sta per abbattere sugli americani che non si sono fatti sedurre dalle polizze sanitarie di Obama. Il Tesoro, che attraverso l’Irs (agenzia delle imposte) gestisce il fisco di Obamacare, ha comunicato che saranno tra i 3 e i 6 milioni i cittadini che dovranno pagare la penalità per non aver ubbidito all’ «assicuratore in capo». La tassa è di 95 dollari per chi ha un reddito sotto i 20mila dollari per coppia, ma sale all’1% del reddito per chi guadagna di più. Per esempio, ha calcolato il Tax Policy Center, marito e moglie che denunciano, insieme, 100mila dollari per il 2014, dovranno versare 797 dollari.
Il 2014 era il primo anno in cui la copertura sanitaria è diventata un obbligo per la legge del 2010, e con la dichiarazione dei redditi da compilare entro il 15 aprile i nodi vengono al pettine. E questa penalità vale solo per l’imminente dichiarazione. L’anno venturo, chi non avrà aderito nel 2015 dovrà pagare il 2% del reddito, e il minimo salirà da 95 a 325 dollari. Quindi il cosiddetto “mandato”, termine usato nella legge, è una “tassa sulla salute” e gli americani dovranno riportarla nel Modello 1040 (il nostro 740), calcolando il dovuto e aggiungendolo ai guadagni da lavoro e da investimenti. Circa i tre quarti dei 150 milioni di contribuenti Usa avevano già la copertura sanitaria pagata dai loro datori di lavoro, privati o pubblici, attraverso i contratti, oppure perché beneficiari di programmi federali di assistenza, come Medicaid per i meno abbienti o Medicare per invalidi sul lavoro o anziani oltre i 65 anni.
Dall’avvio tecnologicamente disastroso del website Obamacare.gov si calcola che circa 9,5 milioni (di cui circa 7 milioni sussidiati dal governo) hanno aderito al piano, compresi i milioni che avevano visto cancellata d’imperio la polizza individuale che avevano perché priva degli standard previsti da Obama. Per far passare la riforma, Barack ricorse al trucco di non chiamare “tributo fiscale” o “tassa” la somma a carico di chi avesse rifiutato di sottoscrivere uno dei piani di Obamacare. La Corte Suprema, nel verdetto del 2012, lo ha smascherato. Ha dichiarato costituzionale la legge ma a patto di considerare una “tassa” l’alternativa obbligatoria per chi avesse deciso di non sottoscrivere la polizza Obamacare.
Qualche mese fa la “questione tassa o non tassa” è stata chiarita dal professore del Mit di Boston, Jonathan Gruber, che era stato il consigliere tecnico esterno per la stesura della legge. Ad una conferenza disse: «Questo testo di legge è stato scritto in una maniera tortuosa affinché il CBO (Ufficio Congressuale del Bilancio) non calcolasse il mandato (l’obbligo di pagare una penalità per chi non avesse comprato una polizza Obamacare, ndr) come fosse una tassa. Se il CBO lo avesse calcolato come una tassa, la legge sarebbe defunta. La mancanza di trasparenza è un enorme vantaggio politico e sostanzialmente, chiamatela stupidità degli elettori americani o come volete voi, ciò fu davvero cruciale perché il provvedimento passasse».
Gli americani boccaloni pagano il prezzo d’aver bevuto la “medicina” del presidente, ma di troppa astuzia ora rischia di morire la stessa Obamacare. La Corte Suprema deciderà in giugno se i sussidi pubblici ai cittadini che comprano le nuove polizze sono incostituzionali per ben 36 dei 50 Stati. Sono tutti quelli, in mano al GOP, che si sono rifiutati di allestire una “borsa statale” per distribuire le polizze, potendo per legge delegare il compito al governo.