Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  gennaio 28 Mercoledì calendario

Nell’antivigilia del voto per il Quirinale, in Transatlantico sono spuntati gli ex. Prima è arrivato Massimo D’Alema, poi è spuntato Ciriaco De Mita. Per l’ex leader democristiano Renzi riuscirà a far eleggere subito il suo candidato. «Per lo stesso motivo per cui un gruppo di amici va a cena il sabato sera»

Martedì 27 gennaio, sant’Angela Merici. Nell’antivigilia delle votazioni per il Quirinale, in Transatlantico sono spuntati gli ex, i grandi protagonisti del passato che stavolta non voteranno. A mezzogiorno è arrivato Massimo D’Alema, alle quattro del pomeriggio è spuntato Ciriaco De Mita. Tutti e due gli ex presidenti del Consiglio passeggiavano senza togliersi il cappotto – come per dire: sono di passaggio – ma mentre D’Alema si è diretto con passo svelto alla buvette, De Mita è rimasto a lungo nel “corridoio dei passi perduti”, e lo percorreva lentamente da una parte all’altra sulla guida rossa tenendo il suo interlocutore sottobraccio. Esattamente come faceva trent’anni fa. Chi gli chiedeva una previsione sul prossimo presidente se n’è andato con il taccuino vuoto, e a una domanda su Mattarella – uno dei favoriti – lui ha risposto pesando le parole a una a una: «È una persona perbene. E poi ha un grande merito: si dimise». Si riferiva a quella volta in cui Mattarella lasciò il sesto governo Andreotti, insieme ad altri quattro ministri della sinistra democristiana, perché dissentiva sulla legge che regolarizzava le tre reti di Berlusconi, la legge Mammì.
Poi però, man mano che incontrava i vecchi amici democristiani – da Angelo Sanza a Rocco Buttiglione – e riconosceva, fingendo di sgridarli, gli ex ragazzi della sua Irpinia che oggi siedono a Montecitorio, è entrato nell’argomento del giorno. Ma l’ha fatto a modo suo, come sempre. Con una premessa, un racconto, un ragionamento e una profezia.
Premessa: a lui il Partito democratico non piace, lo definisce nientemeno che «un ibrido impotente»: perché ha eliminato, incorporandoli, i due pilastri della teoria morotea dell’alternanza, ovvero democristiani e comunisti. Il racconto era questo: «Trent’anni fa, quando io annunciai l’accordo su Cossiga ai gruppi parlamentari democristiani, rimasero tutti freddi. Pensavano che non ce l’avrei fatta. Invece io avevo già il consenso di tutto il pentapartito e anche quello del Pci. E loro lo votavano perché ciascuno aveva la convinzione di aver concorso alla scelta del nome».
Poi è passato al ragionamento: «Il metodo che si sta seguendo oggi è sbagliato. Il nome si concorda, non si impone. La Costituzione vuole che il nome del presidente sia condiviso da uno schieramento il più ampio possibile. Quando uno dice che il candidato si elegge al quarto scrutinio è…». Lunga pausa. «Diciamo una disattenzione alla norma costituzionale».
E alla fine è arrivata la profezia: anche se sta seguendo il percorso sbagliato (errore imperdonabile, per lui) Renzi riuscirà a far eleggere subito il suo candidato. «Per lo stesso motivo per cui un gruppo di amici va a cena il sabato sera». Prego? «Ecco, io dico di andare nel mio ristorante, un altro indica la sua trattoria, un altro ancora preferirebbe la sua pizzeria, ma a un certo punto arriva uno e dice: andiamo là. E allora si va tutti là, perché abbiamo tutti voglia di andare a cena. Ma attenti: gli eventi accadono indipendentemente da quelli che pensano. Per questo i cattolici prima degli eventi pregano...».