Corriere della Sera, 28 gennaio 2015
Maria Carmela Lanzetta, ex sindaca di Monasterace (Locride), ex speranza dell’antimafia calabrese, ex ministro rifiuta l’assessorato alla Cultura della Calabria «per la presenza di De Gaetano, va contro le mie scelte di vita e politiche»
Verrà ricordata quasi solo per gli stivali che indossava giurando al Quirinale. Lo sa?
«Lo so. Cosa posso farci?».
Si direbbe un anno inutile.
«Non è così. Da aprile 2014 abbiamo lavorato duro sui dossier della legge Delrio, sul riordino territoriale: i risultati verranno dopo di me».
Qual è stata la causa della sua invisibilità?
«Mah, direi la comunicazione. Venivo dall’esterno. Mi hanno scelta perché sono donna e meridionale, lo so benissimo».
Dicono che Renzi chiese un nome femminile mentre andava da Napolitano…
«Non so. Mi chiamarono all’ultimo momento, è vero».
Sotto le righe, davanti a un cappuccino. Dentro al bar di fronte al ministero che sta abbandonando. Non ha lasciato il segno agli Affari regionali, Maria Carmela Lanzetta. Ex sindaca di Monasterace (Locride), ex speranza dell’antimafia calabrese, ora ex ministro e, soprattutto, occasione sciupata.
In serata l’ultimo colpo di scena. Chiamata come assessore alla Cultura dal nuovo governatore della Calabria, Mario Oliverio, Lanzetta prima accetta, poi rifiuta: in giunta avrebbe accanto un collega «chiacchierato» per rapporti con le cosche.
Ripartiamo dall’inizio: le telefona Oliverio e le offre l’assessorato. Si trattava, ovviamente, di dimettersi da ministro.
Qualcuno l’aveva consultata prima?
«No».
Lui almeno avrà parlato con qualcuno, prima?
«Credo con Lotti e con Renzi».
E la procedura non la infastidisce?
(Lungo sospiro) «Mi lascia stupita il metodo, non il merito».
Cioè?
«Nel merito, non esiste un ruolo maggiore o minore, per me. Se si tratta di mettersi al servizio dell’utilità pubblica, un politico deve accettare, non può farne questione di ministero o assessorato».
E invece nel metodo?
«Beh, quello sì, il metodo è difficile da mandar giù».
Punita perché civatiana?
«Assolutamente no».
Cosa pensava della polemica della Bindi su «certe ministre scelte da Renzi perché giovani e belle»?
«Che la Bindi, pur bravissima e preparata, sbagliava. Le donne possono essere belle e brave».
Veniamo alla Calabria. Due mesi dopo le elezioni stanno ancora facendo la giunta. Segnale negativo, no?
«Segnale negativo, sì».
Oliverio, onestamente, non sembra proprio il nuovo che avanza. Come l’aveva convinta?
«Con l’offerta dei Beni culturali. Io ho sempre lavorato tanto per il patrimonio culturale della mia terra, ne vedo l’estrema bellezza e volevo esaltarla facendo l’assessore».
Suo collega di giunta sarebbe però stato Nino De Gaetano, citato in un’informativa della Mobile: i suoi «santini» elettorali furono trovati in un rifugio della cosca Tegano.
«Non ho firmato la mia nomina a assessore regionale appunto per la presenza di De Gaetano, va contro le mie scelte di vita e politiche. In totale accordo con il sottosegretario Graziano Delrio, giudico poco opportuna la nomina fatta e chiedo a Oliverio di rivedere la sua scelta: il procuratore di Reggio, Cafiero De Raho, nel dicembre scorso, ha affermato che sulla vicenda sono ancora in corso accertamenti».
Magari stanno «mascariando» De Gaetano, serve cautela.
«Io non so dire cosa risulti e cosa non risulti su di lui. Certo auguro a De Gaetano di dimostrare la sua estraneità a ciò che gli possa venire contestato. Ma al di fuori dell’Ente regionale».
Teme le mire della ‘ndrangheta sulla Regione?
«Temo sempre le infiltrazioni».
Per l’attentato alla sua macchina quand’era sindaca, hanno preso un ragazzino.
«Leggo che c’è in carcere un diciottenne, che ha colpito anche un funzionario regionale».
Pensa sia ‘ndrangheta?
«Viene da una famiglia disperata. Qualcuno lo ha usato, penso».
Era isolata al ministero?
«Proprio no. Abbiamo lavorato tutti assieme. E adesso il sottosegretario Bressa, che è bravissimo, continuerà. Per l’unione dei Comuni abbiamo girato mezza Italia».
Nessuno se n’è accorto.
«Ho fatto il ministro sul territorio. Bisogna ridurre la distanza tra politici alti e bassi».
Vero che il governo Renzi si occupa poco di mafia?
«Falso. A Palazzo Chigi c’è una commissione guidata da Nicola Gratteri, un grande magistrato».
Lei tornerà comunque in Calabria, alla fine. Come la vivono in famiglia?
«Questo è stato un anno sereno dal punto di vista familiare. Il ritorno ripropone tensioni e preoccupazioni che avevamo superato».
Paura di altri attentati?
«No. Ma in Calabria, sa?, c’è qualcosa di peggio: la fatica di vivere ogni giorno».