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 2015  gennaio 28 Mercoledì calendario

Alla fine Fidel Castro rompe il silenzio a un mese dall’apertura di Obama e si dice soddisfatto della decisione del fratello Raul, ma moderatamente. Non si capisce se lo storico leader cubano sia convinto che il disgelo sia un bene oppure abbia semplicemente ceduto alla vecchiaia

Finalmente Fidel rompe il silenzio un mese e sette giorni dopo l’apertura di Obama. Mentre una delegazione Usa “di alto livello” sta discutendo col governo cubano, ecco la lettera del padre della rivoluzione rimasto misteriosamente nell’ombra. Le diplomazie si interrogavano: d’accordo oppure no col Raul dialogante, fratello al quale nel 2006 ha passato la poltrona per la malattia che l’ha messo fuori gioco?
Sono passati 50 anni e nella forma Fidel continua a diffidare, né intende confrontarsi coi mediatori di Washington anche se “ritiene giusto discutere su una soluzione pacifica al conflitto o al pericolo di una guerra”. Parole che riportano ai giorni ingialliti della dipendenza da Mosca: quale guerra è possibile tra il gigante dagli arsenali atomici e le difese della piccola isola armata in qualche modo? Per sottolineare il disimpegno guardingo dell’osservatore che finge disinteresse ai colloqui attorno ai tavoli dell’Avana tra delegazione Usa e delegazione cubana, l’ex Comandante diluisce il giudizio nel messaggio inviato ai ragazzi dell’università: ricordi degli anni ruggenti.
Disgelo confuso fra le righe. “Il presidente di Cuba si è mosso in modo giusto col mandato che gli concede l’assemblea nazionale e il partito comunista: negoziare i problemi tra gli Stati Uniti e qualsiasi popolo dell’America Latina; negoziarli senza ricorrere alla forza rientra nei principi della legislazione internazionale. Difenderemo sempre cooperazione e amicizia con ogni popolo del mondo compresi i nostri avversari politici”. Definizione che tradisce un ammorbidimento che sembra irreversibile: quei “nemici” dell’altra sponda ormai sepolti nelle cantine del passato. Dietro i fumi semantici Fidel approva il disgelo e dà via libera alla svolta che forse cambia la storia. Non lascia capire se convinto oppure costretto dalla vecchiaia. Gli osservatori di Miami dove l’anticastrismo è la professione che da mezzo secolo apre tante porte, da un mese pattinano desolati nella terra di nessuno. Adesso scavano per scoprire le ragioni di un commento arrivato con sorprendente ritardo e dubitano che la lettera sia del pugno di Fidel. Da un anno e mezzo le sue “riflessioni” sono quasi sparite dal Granma. Ecco le ultime: 27 agosto 2013, “La tariffa della menzogna”; 22 febbraio 2014, “Sviluppo economico della Cina” pubblicata mentre il presidente Xi Jinping visitava l’Avana, adesso la lettera ai ragazzi con l’aria di confortare i conservatori del partito allarmati dal contenuto dei colloqui.
Nodo i diritti umani dei quali l’Avana e Washington danno interpretazioni diverse. Come ammettono i comunicati delle due delegazioni “esiste una certa distanza” anche se si conferma la volontà di raggiungere un compromesso. L’interpretazione americana assegna a questi diritti l’importanza che sappiamo: pluralismo politico, libertà di parola e informazione, esclusione del partito unico al quale tutti devono obbedienza. La versione cubana si lega ai diritti annunciati dalla vecchia rivoluzione: educazione gratuita che ha trasformato l’Avana nella capitale di un paese senza analfabeti nel continente della desolazione scolastica: licei e università per tutti. Diritti che tornano nella sanità nutrita dal 12 per cento del prodotto lordo. Sistema che figura fra i primi paesi del mondo. “Non possiamo rinunciare a tutto questo”, brontolio dei conservatori di partito spaventati dalle novità. Un certo smarrimento divide anche i dissidenti. Malgrado il disconoscimento del governo, una rappresentanza ha incontrato la delegazione di Washington. “Dobbiamo essere realisti, l’occasione è importante”, parole di Elisandro Sanchez, leader storico della protesta sopravvissuto alle rivelazioni dei servizi segreti: ha sempre fatto il doppio gioco, premiato agente della polizia con la foto di Ted Kennedy nella camera da letto. Solo il primo round, nella speranza che il programma Obama sopravviva al rifiuto repubblicano.