il Fatto Quotidiano, 28 gennaio 2015
Le lettere dal carcere di Salvatore Buzzi. Secondo i pm il boss di Mafia Capitale potrebbe continuare a impartire ordini alle coop coinvolte nell’inchiesta. Tra i destinatari dei messaggi un ex br e la compagna, finita ai domiciliari
Mi stupisco del fatto che gli organi che si sono occupati di mafia a Roma, non mi abbiano ancora interrogato. Il mio è un caso di cui si dovrebbe parlare in tutto il mondo”. Parla Salvatore Buzzi dal carcere di Nuoro (Sardegna), che – detenuto in regime di alta sicurezza per associazione a delinquere a stampo mafioso– dal giorno del suo arresto si dedica ad una copiosa attività epistolare. Lui, il ras delle coop della presunta Mafia Capitale da dietro la sbarre manda lettere. Troppe per gli investigatori che ora hanno due sospetti: il primo che qualcuno abbia potuto sorvolare sul contenuto di quelle missive inviate dal carcere, soprattutto non informando i magistrati sulla quantità; il secondo sospetto, da verificare dopo che saranno state visionate tutte le lettere, è che da dietro le celle Buzzi possa continuare a impartire ordine e inviare messaggi. Per questo ieri gli uomini del Ros, guidati da Mario Parente, hanno perquisito le sedi della Cns, un consorzio rosso di Bologna del quale la 29 giugno fa parte, e della cooperativa Abc, attualmente commissariata. Perquisita anche la casa della compagna di Buzzi, Alessandra Garrone, finita ai domiciliari nell’ambito della stessa indagine.
Molte lettere infatti sono state arrivate anche a lei, che oltre la compagna secondo l’accusa ha anche il ruolo di “collaboratrice stretta di Buzzi, il quale condivide le strategie operative del sodalizio, contribuisce alle operazioni corruttive e di alterazione delle gare pubbliche”. Dal carcere di Nuoro, Salvatore Buzzi non ha dimenticato neanche Franco La Maestra, un dipendente della Cooperativa 29 giugno con un passato nelle Br-Partito comunista combattente. Proprio a La Maestra, secondo quanto riferito da quest’ultimo ad un altro indagato – erano state date delle direttive da parte di Buzzi il giorno dell’arresto: ossia di non litigare e di tenere lontano dalla 29 giugno Giovanni Campennì, l’imprenditore che secondo i pm “il clan Mancuso aveva inviato su Roma per avviare attività imprenditoriali in collaborazione con l’associazione romana”.
Adesso quindi vi è il dubbio che stia servendo a poco quel sistema di alta sicurezza al quale è sottoposto l’uomo ritenuto il braccio ‘sinistro’ di Massimo Carminati. Sul caso delle lettere inviate alla Garrone, il legale di Salvatore Buzzi, l’avvocato Alessandro Diddi commenta: “Non capisco le ragioni della perquisizione anche perchè ho fatto una richiesta di autorizzazione al giudice perché la Garrone potesse parlare con il marito. La risposta è stata affermativa”. Proprio al suo legale, Buzzi domanda il perché ancora non sia stato interrogato e adesso vuole rispondere alle domande dei magistrati, a differenza di mesi fa quando, durante l’interrogatorio di garanzia dopo l’arresto, si è avvalso della facoltà di non rispondere.
Intanto in molti prendono le distanze da Buzzi, come il consigliere regionale del Lazio ed ex presidente del Pd romano Eugenio Patanè, tra i politici coinvolti nell’inchiesta Mafia Capitale, ma indagato per turbativa d’asta: “L’ho incontrato nel 2012 per caso – ha detto Patanè a SkyTg 24 – durante l’occupazione del mattatoio di Roma. A giugno 2013 mi ha mandato un messaggio nel quale si giustificava della foto con Alemanno e Casamonica”.
Patanè avanza anche dei dubbi: “Mi pare strano che Buzzi assurga a capomafia. Poteva essere il capo delle cooperative sociali. Ma ti pare che questo diventa improvvisamente il capomafia per un fatturato al Comune di Roma di 43 milioni di euro, quando il bilancio del Comune di Roma è di 10 miliardi?”. Di diverso parere un gestore di una cooperativa che, intervistato sempre da SkyTg24, ha preferito l’anonimato: “Non hanno scoperto ancora niente – ha detto – e non sono stati tirati fuori ancora i nomi dei politici coinvolti”. Ed è vero, perché potrebbero essere ancora tante le novità di questa inchiesta, nonostante sia esplosa a dicembre scorso.