il Fatto Quotidiano, 28 gennaio 2015
Alle 22.45 di lunedì 26 gennaio @matteorenzi ha lanciato il suo etwitto bulgaro a coronamento della profonda sintonia con l’ormai mitico editto di Berlusconi. Molto più di uno sfogo contro Piazza pulita (non citata, ma solo perché l’hashtag non entrava nei 140 caratteri)
Trame, segreti, finti scoop, balle spaziali e retropensieri: basta una sera alla Tv e finalmente capisci la crisi dei talk show in Italia”. Così alle 22.45 di lunedì 26 gennaio @matteorenzi ha lanciato il suo etwitto bulgaro a coronamento della profonda sintonia col caudillo di Arcore. Lo sfogo contro Piazza pulita (non citata, ma solo perché l’hashtag non entrava nei 140 caratteri) è piovuto su Twitter mentre stava vivendo un dramma: su Canale 5 avevano appena chiuso l’Isola dei Famosi per uragano, e i transfughi del livetwitting – il commento in tempo reale di quel che si vede in Tv – dovevano ancora settarsi sul ritmo della politica parlata. Ed ecco il tweet di Renzi a svegliare gli ignari.
In studio, Fassina si stava mezzo rimangiando l’accusa chiara e tonda di pochi giorni fa, quella secondo cui fu Renzi a capitanare i 101 cecchini anti-Prodi; quindi un video mostrava Bersani e la De Micheli (oggi sottosegretario all’Economia) che tra l’aneddotico e il complottistico svelavano il traditore nella persona, ma tu guarda, proprio di Renzi.
Così, per una sera che era “alla” Tv e non “nella” Tv, Renzi ti incappa in “balle spaziali” che lo riguardano, peraltro da due anni. Messa mano all’iPhone – come il B. dei tempi d’oro metteva mano al telefono per inveire, bava alla bocca, contro Santoro – ha sparato sul programma. Se B. lo avvisavano dalle cucine, lui devono averlo allertato su WhatsApp; fatto sta che l’episodio rivela un nervosismo inedito nel premier chiacchierone, che alle prese col Nazareno per il Quirinale deve aver visto aprirsi una falla di vulnerabilità nel suo “racconto”. Lo rivela un tweet di risposta a un certo Davide: “È una cosa seria, Davide. Dobbiamo cambiare modo di raccontare l’Italia e la politica. Non siamo quella roba lì”.
Sono dunque finiti i tempi in cui lui e le sue majorettes facevano del “cambiare l’Italia e la politica” un mantra narcolettico; oggi vuole cambiare “il modo di raccontarle”, pensa. Che, beninteso, non coincide col suo, costruito corredando i messaggi schizofrenogeni di date, obiettivi, scadenze, con faccette, battute, frecciate, slogan. Il tono populista-autoritario ricorda a tutti che lui è il rottamatore, castigatore del Senato, chimico del cambioverso, e perciò, dopo aver cambiato la politica (secondo lui) potrebbe passare a cambiare le narrazioni. Magari facendo della Leopolda una specie di X Factor dei giornalisti con la giuria composta da Lotti, Picierno, Madia e Boschi? Non si sa.
E però la compulsività twitterina del nostro rivela un contenuto inquietante. Per mezzo del nonsense per cui i talk vanno male perché parlano male di lui, ha ottenuto un doppio risultato: ha indicato il suo vero nemico, che non sono i talk show ma il Pd, e ha testato la solidità del metamessaggio della sua sparata, e cioè che esiste tra le persone un sentimento anti-casta non del tutto soddisfatto dalla rottamazione. Forse è figlio dell’anti-giornalismo di B. e dello snobismo di D’Alema (“i giornali vanno lasciati in edicola”); certo è parente stretto dell’anti-intellettualismo contro critici e “professori” su cui ha mandato a sbattere la Boschi, avvocata in Arezzo.
Questo piccolo Napoleone bleso sa bene che l’indignazione per le manovre autoritarie, i bavagli, gli editti, riguarda un’élite e non sfiora la maggior parte degli italiani, presi da altre priorità. Dire che il genere televisivo che ripropone costantemente le lallazioni della politica, tra cui le sue, sia in declino, è talmente populista che scatena l’applauso a prescindere, e dà a chi se ne fa carico la riserva di farne in futuro un uso antidemocratico.
Infatti i volenterosi carnefici di Twitter si sono mostrati solerti, pronti a credere all’incantesimo demagogico per cui l’informazione corretta è solo quella che come lo specchio di Biancaneve restituisce ai malvagi la menzogna della bellezza.