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 2015  gennaio 28 Mercoledì calendario

Un viaggio in jeep per la Siberia tra banditi, alcolizzati, sciamani e hippy pentiti. Il giornalista Hugo-Bader racconta in “Febbre Bianca” la sua esperienza estrema da Mosca a Vladivistok. Un reportage incredibile

La Ulaz, o Lazik, che significa «giramondo», è la macchina giusta per andare da Mosca a Vladivostok. Jeep di produzione sovietica, viene costruita dal 1962 sempre con le stesse caratteristiche: sterzo di granito, telaio ultrarigido e abitacolo coibentato che tiene al caldo quando fuori è -30. Un carro armato immatricolato per utilizzo stradale, un mostro nato per i ghiacci siberiani, il mezzo giusto per questo viaggio, anche perché la Lada-Niva oltre gli Urali nessuno la sa aggiustare. La Lazik invece si ripara con un martello, al pari dei trattori sovietici.
Febbre Bianca (Keller, pp. 288, euro 16,50) si apre con la descrizione di un’auto, mezzo di trasporto e rifugio del reporter lanciato nel cuore freddo della Russia. Mosca, settembre 2007. Il polacco Jacek Hugo-Bader minaccia i colleghi della Gazeta Wyborcza per farsi finanziare il reportage, ma sono spiccioli. La Lazik la paga la moglie di Bader, 25.000 zloty (6.000 euro), strappando la promessa di un Natale in famiglia.
Cinquant’anni prima i reporter della Komsomól’skaja Pravda erano animati dall’urgenza di raccontare il futuro partendo dalla vita quotidiana dei cittadini sovietici. È così che nel 1957 i redattori della Pravda aprono «Reportage dal Ventunesimo secolo» seduti su un aviogetto argentato che solca le pianure di vetro della Siberia. Per i suoi primi 50 anni Jacek vuole riprendere il reportage del futuro dove i reporter l’avevano lasciato.
Ma si scontra con la realtà: nel 1957 il segnale radio del primo satellite della storia, lo Sputnik, lancia l’immaginazione in un futuro di missili a reazione, luminoso nelle parole del segretario Krusciov. Nel 2007 Bader non è alla guida di un razzo vettore. Con 600 euro un amico meccanico dota la Lazik di un sistema di riscaldamento indipendente per scaldare l’abitacolo di notte senza accendere il motore. Crea una cuccetta al posto dei sedili posteriori e dota il mezzo del servo sterzo e di un lettore cd «indispensabile per non diventare pazzo in mezzo a tutto quel bianco» (ma si rompe alla prima buca).
L’Audi aveva accettato di sponsorizzare l’attraversata, fornendo un Q7, un fuoristrada cromato che però avrebbe attirato l’attenzione dei banditi. Banditi che viaggiano con piccoli fuoristrada giapponesi con guida a destra: impugnano il volante con la sinistra e allungano agevolmente l’altro braccio fuori dal finestrino per scaricare raffiche di proiettili sui cartelli stradali senza rallentare.
e auto bruciate ai lati della strada non si contano. I proprietari, rimasti in panne, le hanno incendiate sperando di scaldarsi durante le lunghe notti. La polizia si barrica in fortini stradali: costruiti nelle rotatorie, con vecchi pneumatici tra i quali brillano le canne nere degli AK-47.
Hugo-Bader confuta la tesi che il presente non è quel futuro di cristallo profetizzato da Krusciov. Conosce gli ultimi hippies sovietici: Sergej è diventato prete ortodosso; Viktor è riuscito, fingendosi schizofrenico, a strappare una pensione statale, ma non ha mai perdonato quello che Vladimir Putin, all’epoca tenente del KGB, ha fatto alla sua famiglia; Saša è architetto e non ci pensa proprio a lasciare lo studio per salire sulla Lazik con l’amico per il «trip siberiano». E «un altro hippy è morto».
Più a est, nella regione di Tuva, gli sciamani odorano di animali e di legna arsa. Qui il consiglio è di dormire nella taiga invece che in strada: «Meglio essere sbranati dai lupi piuttosto che dagli uomini». Gli unici sobri sono raccolti attorno a Vissarion, un predicatore che dice di essere il nuovo Messia. È l’ennesima stramba micro-religione nata dopo la fine del comunismo.
 La Siberia è anche le persone che per motivi diversi si mettono in viaggio. «Viaggiatori che lasciano nella neve il segno del loro passaggio, buchi gialli nel bianco, quando sostano per pisciare». Bader ha imparato a capire la tipologia di viaggiatore a partire dalle tracce che lascia sulla neve. C’è il peregonschik, il giramondo, che ha comprato a Vladivostok una macchina giapponese e corre verso casa. Beve poco, dorme in auto e va di fretta: il buco che lascia nella neve è molto giallo. C’è poi il dal’nobojscik, l’uomo da lunghe distanze, un camionista: il buco è grosso e profondo, perché si ferma poco e solo per pisciare. Chi viaggia con la moglie lo si capisce dai due buchi nella neve: quello della donna è molto più largo perché è accovacciata. I poliziotti sono disciplinati: la traiettoria della loro pisciata è sempre una linea retta. L’artista invece se la prende comoda. È distratto e guarda il paesaggio. Cita Chatwin e forse è alticcio: ha pisciato controvento e se l’è fatta sulle scarpe.