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 2015  gennaio 28 Mercoledì calendario

L’Italia è piena di madri-mostro? Dal sud al nord, la truffa del procurato aborto per incassare polizze assicurative sta diventando uno schema, un modus operandi come dicono gli investigatori. La nuova segnalazione riguarda due italiani e otto cittadini romeni, residenti nelle province di Lodi, Cremona e Pavia

Qualche giorno fa abbiamo raccontato dell’arresto di sette persone, in provincia di Cosenza, accusate di aver truffato le assicurazioni automobilistiche con un espediente nuovo e disumano: secondo gli inquirenti le persone sottoposte a misure cautelari non si limitavano a farsi certificare finti colpi di frusta o contusioni in seguito all’incidente. Una donna di 37 anni, alla ventiquattresima settimana di gravidanza, con la compiacenza di alcuni medici dell’ospedale di Corigliano Calabro si sarebbe sottoposta a un parto prematuro e al neonato sarebbe stato negato volutamente l’ossigeno. Quindi avrebbero incassato dalle assicurazioni auto gli ingenti indennizzi per l’aborto, asserendo che era stato causato dal trauma dell’incidente.
Scrivevamo che polizia e guardia di finanza indagavano su altri casi sospetti in Calabria, e ieri invece un caso analogo compariva sulle pagine della Provincia Pavese. A quanto pare, dal sud al nord, la truffa del procurato aborto per incassare polizze sta diventando uno schema, un modus operandi come dicono gli investigatori. La nuova segnalazione riguarda due italiani e otto cittadini romeni, residenti nelle province di Lodi, Cremona e Pavia. Va chiarito che le due donne accusate di procurato aborto, C.I. e F.D.I. entrambe di 35 anni, sono per ora soltanto indagate, così come gli altri nomi nell’avviso di conclusione delle indagini notificato dalla procura pavese.
La serie di incidenti sui quali si indaga, che sarebbero stati simulati tra le province di Lodi, Cremona e Pavia, risale al 2012 e coinvolge sempre le stesse persone. L’inchiesta si sviluppa quando si scopre che un uomo e una donna a bordo di una delle auto incidentate erano stati in precedenza coinvolti in una truffa assicurativa. Seguendo il filo, si arriva all’incidente tra una Lancia Y e una Ford Mondeo, guidate da due degli indagati insieme con alcuni altri a bordo. In particolare, nella Lancia viaggiava C.I., mentre F.D.I. era sulla Ford. Entrambe le donne erano in stato di gravidanza, ma non è questa coincidenza. Bensì una ben più grave, a insospettire fortemente gli inquirenti: C.I. perde il bambino, come certificato dall’ospedale San Matteo quattro giorni dopo l’incidente, e F.D.I. lo perde dopo cinque. In seguito vengono contattate le compagnie assicurative e inviate lettere con richieste risarcitorie. A quel punto la procura rompe gli indugi e accusa gli indagati di frode e le due donne anche di procurato aborto e della violazione della legge 194 che disciplina l’interruzione di gravidanza.
Nell’avviso di chiusura delle indagini, la procura non dice come gli aborti sarebbero stati praticati – circostanza invece nota nel caso calabrese, cioè per soffocamento dopo aver determinato il parto prematuro in ospedale con la tecnica del «pinzamento» – e gli accusati, tramite i loro avvocati, si difendono affermando che i certificati medici in cui vengono registrati gli aborti sono esenti da sospetti, e infatti i medici che li hanno stilati non sono indagati. Eppure, questa la tesi della procura, l’interruzione di gravidanza sarebbe comunque stata volontaria, per essere poi fraudolentemente messa in relazione con l’incidente di pochi giorni prima.
Se la tesi della procura è giusta, vuol dire che la classica truffa ai danni delle assicurazioni ha subìto una vera escalation, tale che chiamarla semplicemente truffa è del tutto inopportuno. Qui sarebbero addirittura due donne, nelle due automobili coinvolte nello stesso incidente, a uccidere il loro bambino per incassare. Un meccanismo disumano che, se veramente si sta diffondendo, segnala che la percezione del feto come vita umana si è completamente azzerata. È anche lui un’opportunità di monetizzare. Non un investimento su una vita da far crescere, ma più letteralmente da mettere all’incasso, dopo alcune settimane dal concepimento, con la sua soppressione.