Libero, 28 gennaio 2015
I terroristi dell’Isis fanno strage all’Hotel Corinthia di Tripoli: undici morti, tra cui cinque attentatori e diversi stranieri. Nell’albergo anche un gruppo di italiani, tutti salvi, e il premier Omar al-Hasi che è fuggito in tempo
Non colpiscono ancora a Roma, ma l’Isis torna a avvicinarsi all’Italia. Quattordici persone, compresi cinque terroristi, sono infatti morte in un attacco all’Hotel Corinthia di Tripoli, di proprietà maltese. È proprio dove risiede il primo ministro Omar al-Hasi, anche se per la verità in questo momento di primi ministri in Libia ce ne sono due, ognuno con un suo parlamento e un proprio presidente.
Il Congresso Nazionale Generale eletto il 7 luglio 2012, infatti, era stato sostituito il 25 giugno 2014 da un nuovo Consiglio dei Deputati. Ma a novembre la Corte Suprema ha giudicato incostituzionale l’emendamento costituzionale fatto lo scorso marzo per permettere le elezioni anticipate, e comunque già a agosto un gruppo di deputati islamisti che aveva perso il voto di giugno aveva deciso di proclamarsi Nuovo Congresso Nazionale Generale. Ed è stato appunto questo organismo a eleggere il 6 settembre Omar al-Hasi, mentre il suo presidente è Nouri Abusahmain.
È il Consiglio, che riconosce invece come primo ministro Abdullah al-Thani e come presidente Aguila Saleh Issa, ad essere considerato legittimo dalla comunità internazionale. Ma è stato sloggiato da Tripoli e costretto a riunirsi a Tobruk. Il Consiglio, appoggiato da Usa, Italia, Egitto e Emirati Arabi Uniti, controlla la gran parte della Cirenaica e del Fezzan oltre alla zona di Zintan, ha come proprio principale leader militare il generale Khalifa Haftar, e conta anche sulle famose Brigate di Zintan e sulle milizie tribali Warshefana e Toubou. Il Congresso, appoggiato da Turchia e Qatar, controlla la gran parte della Tripolitania, conta sui Fratelli Musulmani, sulle milizie islamiste della Libya Shield Force e della Libya Revolutionaries Operations Room di Nouri Abusahmain, su milizie tribali berbere e tuareg.
Ma c’è anche una terza fazione, costituita dai jihadisti delle quattro milizie facenti capo al Consiglio della Shura dei Rivoluzionari di Bengasi, che controlla una fascia di territorio cirenaica tra Ajdabiya e Bengasi, contesa al generale Haftar. E c’è la quarta fazione del cosiddetto Emirato di Derna, pure in Cirenaica, con tre milizie che hanno aderito direttamente all’Isis.
Per l’Isis anche l’integralista Omar al-Hasi è un apostata, soprattutto perché tiene sotto il suo controllo estremisti che senza di lui potrebbero a loro volta confluire con loro. E molti analisti hanno dunque ritenuto che fosse lui il bersaglio. Ma varie rivendicazioni su Twitter hanno invece parlato di una vendetta per la morte in carcere negli Usa di Abu Anas al-Libi, avvenuta il 2 gennaio scorso. Abu Anas al-Libi era l’organizzatore di quegli attentati contro le ambasciate americane in Kenya e Tanzania del 1998, in cui vennero uccise 200 persone, e che fu rivendicato da al-Qaida. E un gruppo di uomini della Delta Force, della Cia e dell’Fbi lo aveva catturato il 5 ottobre 2013 a Tripoli, portandolo direttamente in America.
Un’ulteriore rivendicazione del gruppo “Wilaya di Tripoli”, affiliato all’Isis, sulla sua pagina web, motiva l’attacco col fatto che l’hotel ospitava «missioni diplomatiche di paesi non musulmani». La scorta è riuscita a proteggere al-Hasi, permettendogli di scappare dal retro. Ma tre guardie sono state uccise nell’irruzione dei cinque jhadisti, avvenuta attorno alle 8 dopo che un’autobomba era stata fatta esplodere nel parcheggio per distrarre l’attenzione. E con loro sotto alle raffiche sono caduti anche cinque turisti stranieri, tra cui due donne. Un altro libico, preso in ostaggio dai terroristi, è morto quando questi hanno azionato i giubbetti esplosivi che avevano addosso. A quel punto il responsabile della sicurezza locale Issam al-Nass ha potuto riferire che la situazione era sotto controllo. Il direttore dell’ente per la protezione delle missioni diplomatiche in Libia, il colonnello Khaled Abu Zaheir, ha smentito invece le notizie circolate sulla presenza di diplomatici statunitensi nell’albergo al momento dell’attacco. «Le ambasciate di Francia e Qatar hanno la loro sede all’interno dell’albergo, ma non c’erano diplomatici», ha spiegato. Sono stati evacuati 12 ospiti stranieri che erano intrappolati al 26esimo piano, tra i quali un americano, un polacco ed altri europei.
Tutti gli italiani ospiti dell’albergo sarebbero illesi. «L’attacco all’hotel Corinthia è un altro atto riprovevole di terrorismo che porta un duro colpo agli sforzi per portare pace e stabilità in Libia», è stato il commento a caldo dell’Alto rappresentante Ue Federica Mogherini. «L’Ue esprime solidarietà alle vittime e alle loro famiglie e sostiene fermamente gli sforzi dell’Onu per portare una soluzione politica basata sul rispetto e sul dialogo. Non si deve permettere a tali attacchi di minare il processo politico». Anche Gentiloni ha letto nell’attacco un tentativo di boicottare i negoziati che sono in corso a Ginevra tra i rappresentanti dei due governi per arrivare a una riconciliazione, ed ha assicurato che la Farnesina e i servizi di intelligence «stanno monitorando le condizioni di sicurezza a Tripoli».