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 2015  gennaio 28 Mercoledì calendario

Le promesse di Tsipras costano 11,5 miliardi di euro, peccato che nelle casse di Atene ce se siano meno di 4 e servono per pagare debiti e interessi. Ma secondo il neopremier 3 miliardi dovrebbero arrivare dalla lotta all’evasione, 3 dalla rateizzazione delle tasse dei cittadini morosi, 3 dall’Ue sempre che sblocchi alcuni fondi per l’occupazione, e gli ultimi 2,5 potrebbero essere smobilizzati dal fondo salva-banche finanziato dalla Troika. Cifre da libro dei sogni

Finita l’era delle promesse elettorali, per Alexis Tsipras inizia la fase più difficile: mantenerle. «La Grecia ha mandato in archivio la parola austerità», ha assicurato. Le aspettative sono alte: «Ridaremo la luce a 300mila famiglie povere, alzeremo il salario minimo e garantiremo l’assistenza sanitaria a chi non l’ha», recita il programma di Salonicco, bibbia economica del partito. Parole che vanno tradotte presto in fatti per evitare che il 36,3% dei consensi raccolto da Syriza nelle urne evapori in poche settimane.
LE CASSE A SECCO
Il problema su questo fronte è solo uno: i soldi. Lo Stato è come una famiglia. Per spendere devi avere i quattrini nel portafoglio. E la Grecia non ne ha. Le promesse di Tsipras, il calcolo è suo, costano 11,5 miliardi. Nelle casse di Atene, a essere generosi, ce ne sono sì e no quattro, già in buona parte impegnati – sostengono i ragionieri dell’austerity – per onorare i 3,8 miliardi di prestiti e interessi da pagare tra febbraio e marzo. Da dove arriverà il resto? Bce, Ue e Fmi sono convinti che il leader di Syriza non abbia cartucce da sparare. E che proprio per questo sarà costretto a trovare un accordo con i creditori per sbloccare l’ultima tranche di aiuti da 7 miliardi per finanziare piani che il nuovo governo vuole avviare già nei prossimi giorni.
I NUMERI DI TSIPRAS
A rendere complessi i negoziati sono i paletti della Troika che Tsipras vuol fare saltare. I tagli alle tasse e gli interventi sullo stato sociale previsti dal Programma di Salonicco sono coperti – dice Syriza – da quattro capitoli principali: 3 miliardi dovrebbero arrivare dalla lotta all’evasione fiscale, 3 dalla rateizzazione delle tasse arretrate per convincere i morosi a onorare i loro debiti con lo stato. Una cifra identica dovrebbe metterla la stessa Ue sbloccando alcuni fondi per l’occupazione, da dirottare in un piano di investimenti pubblici per creare 300mila posti di lavoro. Gli ultimi 2,5 miliardi possono essere smobilizzati dagli 11,5 fermi nel fondo salva-banche finanziato dalla Troika.
I DUBBI DELLA TROIKA
Buona parte di questi quattrini esistano solo sulla carta, sottolinea la Troika. È vero che l’evasione fiscale in Grecia è un fenomeno endemico. E che il Governo Samaras – controllando con gran calma solo 700 dei 45mila cittadini ellenici che hanno portato soldi all’estero negli ultimi due anni – ha recuperato 300 milioni. Ma i 3 miliardi messi in preventivo da Tsipras sono una cifra da libro dei sogni e impossibile da mettere assieme in tempi stretti. Stesso discorso per le tasse arretrate. Per quanto riguarda i soldi della Ue e quelli del fondo salva-banche – hanno fatto sapere da Bruxelles – non si può pretendere di avere la botte piena e la moglie ubriaca. Dire all’Europa che non rispetterai gli accordi firmati chiedendole allo stesso tempo altri soldi. Per sbloccare i quattrini per le banche, tra l’altro, serve l’ok dei 19 parlamenti dell’area euro. A frenare le colombe ci sono pure le preoccupazione per luglio e agosto, quando scadranno altri 7 miliardi di prestiti ad Atene e il governo Tsipras dovrà raschiare il fondo del barile per onorarli.
L’IPOTESI DI COMPROMESSO
Nelle prossime settimane si cercherà di trovare la quadra. Dando un po’ d’ossigeno a Syriza per mantenere le promesse ma provando nello stesso tempo a imbrigliarla sul tema della ristrutturazione dell’esposizione della Grecia. Il tandem Tsipras- Pammenos non può certo dire ai suoi elettori che non ci sono soldi per gli aiuti alla gente perché bisogna pagare la Troika e le banche. Si tratta di capire dove si troverà un punto d’incontro. L’ipotesi più probabile è che l’esecutivo accetti di mettere in pratica solo una parte, magari molto simbolica, del piano. In fondo gli interventi più visibili (quelli su luce, casa, stipendio minimo e assistenza sanitaria) costano “solo” 1,8 miliardi di euro. I creditori potrebbero invece concedere sei mesi in più di tempo per l’accordo. Magari abbassando un po’ l’asta dell’attivo deficit/Pil al 4,5% imposta dalla Troika per liberare qualche altro miliardo per investimenti. Nella speranza, ad Atene e Bruxelles, che l’economia greca riprenda davvero a correre, regalando a tutti più tempo e più soldi per mantenere le promesse rispettando i patti.