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 2015  gennaio 27 Martedì calendario

Omicidio Yara, il Dna periferico non è quello di Bossetti. Sia chiaro, comunque, che non si mette in discussione la presenza del suo Dna, ma gli avvocati potrebbero chiedere la scarcerazione per ragionevole dubbio

La relazione del consulente della Procura di Bergamo è arrivata due settimane fa, firmata dal professor Carlo Previderé, responsabile del laboratorio di genetica forense dell’Università di Pavia e porta un innegabile «assist» alla difesa di Massimo Bossetti, in carcere dall’agosto scorso per l’omicidio di Yara Gambirasio. Secondo il super consulente, infatti, se fino a poco tempo fa a prevalere nel Dna erano le tracce che portavano a Bossetti, adesso «pare essersi realizzata un’inversione delle proporzioni dei campioni misti», con una prevalenza delle tracce della vittima, ovvero di Yara. In particolare, evidenzia la relazione, non ci sono tracce del Dna mitocondriale di Bossetti, ovvero di quella parte «periferica» del Dna che, per l’eccessivo deterioramento, già dai Ris di Parma non era stata attribuita a «Ignoto 1».
E quindi, sebbene, sul materiale organico trovato sugli slip della vittima vi sia comunque una traccia «nucleare» (ovvero «centrale») abbondante del Dna cellulare del muratore di 44 anni, secondo i genetisti, inspiegabilmente la stessa non contiene una quantità tale di Dna mitocondriale, tanto che i Ris non sono stati in grado di dire, con certezza, se sul corpo della vittima ci fosse sangue, saliva o sperma di «Ignoto 1». Un risultato difficile da spiegare: il Dna cellulare, unico per ciascun individuo, contiene al suo interno il Dna mitocondriale che caratterizza la «linea femminile» della discendenza. Non solo il Dna cellulare di Bossetti non coincide con quello mitocondriale ma, scientificamente, risulta complicato giustificare una traccia abbondante di Dna cellulare e l’assenza di quello mitocondriale. Il che fa capire che al processo ci sarà da spaccare il capello in quattro. Per gli avvocati della difesa si tratta ovviamente di una svolta che, invece, non sembra impensierire gli investigatori. Sia chiaro, comunque, che in nessun modo si mette in discussione la presenza del Dna di Bossetti, sebbene vada rilevato come la relazione del consulente sottolinei anche che i primi campioni di materiale su cui vennero svolti gli esami, «risultino essere esauriti», mettendo quindi a rischio la ripetibilità dell’incidente probatorio. A questo punto, le evidenze indicate dallo stesso consulente della Procura potrebbero essere decisive per consentire agli avvocati di presentare un nuovo ricorso di scarcerazione per Bossetti sul principio del «ragionevole dubbio» circa la sicurezza estrema della prova scientifica.