Libero, 27 gennaio 2015
L’accusa a Renzi di voler «far lavorare gli altri fino a farli crepare dalla fatica» è stato l’ennesimo autogol dei magistrati. Pare che l’opinione pubblica abbia recepito l’uscita come la lagna di una corporazione che non vuol rinunciare al primato italiano delle ferie
I magistrati che “crepano di lavoro” appartengono all’epoca del tritolo che li faceva saltare: ristabilito questo banale principio – ma doveroso – va detto che i togati probabilmente non si rendono conto delle mazzate che si stanno tirando in termini di popolarità. Insomma, il procuratore generale Marcello Maddalena non può lamentarsi se la sola frase che ha fatto titolo, a margine di quel rito antidiluviano che è l’inaugurazione dell’Anno giudiziario, è stata quella sul premier che vorrebbe «far lavorare gli altri fino a farli crepare dalla fatica»: sarà pure una citazione orwelliana, ma pare che l’opinione pubblica l’abbia recepita come la lagna di una corporazione che non vuol rinunciare al primato italiano delle ferie.
Già quando l’ex ministro Renato Brunetta propose i tornelli nei palazzi di Giustizia (2008) un sondaggio del Corriere della Sera vedeva favorevole l’80 per cento dei votanti: tutti malinformati, forse. Ma la verità, banale pur essa, è che i magistrati lavorano semplicemente quanto vogliono: perché nessuno li controlla, perché non timbrano un cartellino, perché possono lavorare anche da casa, perché valutarli in termini di “fascicoli” resta ridicolo: allora basterebbe archiviarli tutti, per essere veloci e produttivi.
Però ci sono dei fatti. Notori. E i fatti sono i corridoi già deserti il venerdì, le pause dopopranzo alla messicana, le curiose assenze che coincidono spesso con le feste scolastiche, l’avvertenza che il dottore «oggi non c’è» oppure «lavora a casa» oppure genericamente «non è venuto». Senza contare la chiusura estiva dei tribunali (che è una chiusura, non prendiamoci in giro: e infatti la maggioranza degli avvocati è costretta a prendere le ferie nello stesso periodo) che non esiste in nessun altro Paese serio al mondo.
Un altro fatto è che ormai l’Associazione magistrati è recepita come la Cgil delle toghe, un sindacato peraltro unico e che obietta alla stregua di tutte le altre categorie statali: tutto quel che riguarda i magistrati è sempre sbagliato se non sono i magistrati a farlo, è sempre un problema di “risorse”, “organici”, soprattutto “leggi” e loro interpretazione. Ora la Settima commissione del Csm sta cercando di spacciare la stessa interpretazione che nel novembre scorso aveva preannunciato Piercamillo Davigo: i legislatori si sarebbero dimenticati di abrogare il precedente articolo secondo il quale i magistrati con funzioni giurisdizionali hanno 45 giorni di ferie: dunque soltanto i fuori ruolo avrebbero ridotto le ferie come voleva il governo, mentre gli altri – praticamente tutti – avrebbero cioè le stesse ferie di prima. Questioni di lana caprina? Se anche fosse, è la loro specialità.