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 2015  gennaio 27 Martedì calendario

Un trans in Vaticano. «La Chiesa non ha paura di mangiare e di bere con le prostitute e i pubblicani». Così Papa Francesco ha ricevuto in udienza privata Diego Neria Lejarraga, un’ex donna di 48 anni con tanto di fidanzata

Racconta che da quando aveva cambiato sesso un prete l’aveva apostrofata per strada come «figlia del diavolo». E che anche alcuni parrocchiani l’avevano respinto: «Come osi venire nella tua condizione? Non sei degno», gli dicevano. Non così Francesco, che sabato scorso ha avuto nei suoi confronti ben altro approccio: gli ha aperto le porte di casa per un’udienza privata insieme alla sua fidanzata.
La storia del transgender Diego Neria Lejarraga, ex donna di 48 anni credente e praticante, emarginata dai fedeli della sua chiesa di Plasencia, in Estremadura, Spagna, ma accolta dal Papa, è sintomatica della strada che il nuovo pontificato sta percorrendo: la Chiesa deve piegarsi sulle ferite di ogni singolo uomo, senza timori. Essa, infatti, come disse Bergoglio chiudendo la prima parte del Sinodo dei vescovi sulla famiglia, «non ha paura di mangiare e di bere con le prostitute e i pubblicani».
Fu dopo le critiche subìte che Diego, aiutato dal vescovo di Plasencia, Amadeo Rodriguez Magro, decise di scrivere al Papa, il quale, con sua sorpresa, gli rispose chiamandolo due volte al telefono. Una prima volta il giorno dell’Immacolata e poi nei giorni precedenti il Natale, quando venne invitato a recarsi in Vaticano. «Mai prima avrei osato, ma con papa Francesco sì; dopo averlo sentito in molti interventi, ho sentito che mi avrebbe ascoltato», ha spiegato Diego. E ancora: «La prima chiamata era già molto più di quanto mi aspettassi, la seconda seguì senza che neanche ancora credessi a quello che mi stava capitando, perché so che il mio caso è niente, ci sono così tante persone che soffrono in questo mondo che non merito l’attenzione del Papa».
A Francesco interessano le ferite di ogni uomo, consapevole della necessità di avere uno sguardo realista sulla società. Le famiglie sono attraversate da situazioni nuove, e differenti a seconda dei singoli casi. Come comportarsi? Come rispondere alle nuove sfide pastorali? Bergoglio, che già a Buenos Aires il venerdì santo lavava i piedi anche ai transessuali, agisce come ogni buon parroco dovrebbe fare: accoglie senza chiudere alcuna porta, ascolta per comprendere, per non fuggire innanzi alla problematicità della realtà. Anche perché, per capire veramente l’entità di una ferita, occorre conoscerla di persona, rendersi conto vis-à-vis.
Certo, la sua pastorale della prossimità e della misericordia può incontrare resistenze. Le incontrava Gesù quando farisei e scribi si scandalizzavano perché accoglieva i peccatori e mangiava con loro. Le incontra Bergoglio che incarna in sé quella strada che già aperse Giovanni XXIII nel discorso di apertura del Vaticano II: «La Sposa di Cristo preferisce usare la medicina della misericordia invece di imbracciare le armi del rigore; pensa che si debba andare incontro alle necessità odierne, esponendo più chiaramente il valore del suo insegnamento piuttosto che condannando». Già prima del Concilio, fra l’altro, menti illuminate avevano indicato la medesima strada. Così il teologo inglese John Henry Newman professava un cristianesimo aperto, accogliente, in sviluppo nella storia, non segnato dalla polemica nei confronti del mondo.