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 2015  gennaio 26 Lunedì calendario

A quattro giorni dalle elezioni restano in pole Mattarella e Padoan, ma sono in ascesa le quotazioni di Sergio Chiamparino e la terna Veltroni, Finocchiaro, Fassino resiste ancora. C’è chi, come Rino Formica, che crede che Prodi e Amato siano le due sole personalità in condizioni di poter assumere una tale carica, e c’è chi spera in Grasso, anche perché lascerebbe libera una poltrona strategica

Il meglio dai giornali di oggi sulla corsa per il Quirinale.
Da oggi, per dirla con Matteo Renzi, «si inizia sul serio» ad affrontare la vicenda del Quirinale [Meli, Cds].
 
«Farò il nome del candidato il 29 mattina. I numeri nel Partito democratico ce li ho, ma non ci penso proprio a riuscire a farcela alla prima votazione, mi basta e mi avanza la quarta» (Matteo Renzi) [Meli, Cds].
 
A un amico Pierluigi Bersani ha confidato comunque che resterà fermo finché Renzi non farà la prima mossa: «Il nome lo deve fare lui. Se pensa che gli proponiamo Amato o un altro per farglielo bruciare si sbaglia» [Bei, Rep]
 
Renzi, infatti, l’altro ieri ha fatto sapere che, non prenderà in considerazione nemmeno la candidatura di Giuliano Amato, perché nasce da un’intesa tra Bersani, Massimo D’Alema, Berlusconi e i lettiani, come «una candidatura contro di me, ma quelli che pensano di fregarmi non mi avranno» [Meli, Cds].
 
In pole position ci sarebbero sempre Mattarella e Padoan, ma sono in ascesa le quotazioni di Sergio Chiamparino (che fu il nome indicato da Renzi nel 2013), sul quale si stanno sondando anche gli altri schieramenti. Senza incontrare veti preventivi [Bertini, Sta].
 
Il nome di Pier Carlo Padoan è tornato a circolare per riflesso alle elezioni in Grecia di ieri, che possono terremotare i mercati e l’euro. Per cui al Quirinale servirebbe un garante degli investitori internazionali piuttosto che delle correnti democratiche [Bei, Rep]. La mossa Padoan (ben vista anche dall’ex presidente Napolitano) innescherebbe anche un rimpasto per il rilancio del governo, visto che Maria Carmela Lanzetta va a fare l’assessore in Calabria e il premier vorrebbe sostituire Stefania Giannini (Scuola) e manterrebbe il controllo sull’Economia, allontanando ogni rischio di diarchia Palazzo Chigi-Tesoro [Gentili, Mess].
 
Secondo Renzi, invece Sergio Mattarella potrebbe «allargare la maggioranza per l’elezione del capo delle Stato»  [Meli, Cds]. Anche Gasparri, approverebbe «un avversario come Mattarella o perfino come Veltroni per il privilegio, poi, di mandarlo amichevolmente a quel paese. E poterlo apostrofare così: “Presidente, ti ho votato, e adesso vaff…”» [Magri, Sta].
 
Tra i renziani si riparla della coppia piemontese: Piero Fassino e Sergio Chiamparino, con il sindaco di Torino in prima fila. Mentre dai bersaniani esce la terna Veltroni, Finocchiaro, Fassino [Bei, Rep]. Fassino, dicono a Palazzo Chigi, avrebbe il «profilo istituzionale adatto» e potrebbe non dispiacere a Silvio Berlusconi. Ma in questa eventualità, sarebbe in campo anche Veltroni, un nome sul quale, ha spiegato Renzi, «ho lavorato anche io». [Meli, Cds].
 
Luigi Di Maio, il più politico del direttorio pentastellato a illustra la nuova proposta del Movimento: «Chiediamo i nomi al Pd. Loro fanno quattro nomi e quello più votato dalla rete noi lo voteremo già al primo scrutinio». E se nel quartetto ci fosse il nome di Prodi? Il rischio che venga candidato fin dal primo scrutinio è forte, specialmente se il premier insisterà nella scelta di far votare scheda bianca ai suoi 450 grandi elettori. A quel punto il Professore potrebbe crescere di scrutinio in scrutinio, fino a imporsi sul candidato ufficiale del Nazareno.
 
«Se si accorge che Prodi ha una qualche possibilità di passare, Renzi fa la mossa del cavallo. Molla gli altri candidati e lo sostiene lui fin da subito» (Bruno Tabacci).
 
Secondo Rino Formica in questo momento «due sole personalità sono in condizioni di poter fronteggiare una gravissima situazione interna e istituzionale: Giuliano Amato e Romano Prodi». E Veltroni? «Niente contro, ma son pulcini. Qui si tratta di fronteggiare una situazione esterna complicatissima. Non parliamo di un premier, che è una figura revocabile, ma di una posizione di stabilità istituzionale che dura sette anni e che presiede il consiglio superiore della Difesa e il Csm nel momento in cui l’Europa ha la guerra alle porte e ci sono conflitti tra magistratura e poteri dello Stato e tra centro e periferia. Solo l’improvvisazione fanciullesca e avventuristica di Renzi può affrontare con faciloneria questo passaggio» [Annalisa Cuzzocrea, Rep].
 
Ma c’è anche il presidente del Senato, Pietro Grasso, che a detta di qualche renziano, «potrebbe risolvere il gioco dei veti incrociati fin dalla prima chiama».  Il presidente del Senato infatto potrebbe essere un buon nome anche perché lascerebbe libera una poltrona strategica [Alberto Gentili, Mes]
 
«Mancano ormai quattro giorni alla riunione dei grandi elettori e ogni candidato ha già trovato da tempo la sua risposta. Qualcuno ha seguito l’esempio di Enrico De Nicola, che si negava al telefono persino a De Gasperi. Qualcun altro ha preso a modello Carlo Azeglio Ciampi, che continuò a lavorare al ministero come se la questione non lo riguardasse. E qualcuno ha certamente fatto come Giovanni Gronchi, che – mentre Merzagora assaporava un’elezione che non arrivò mai – portava in giro per Roma sulla sua macchina Alfredo Covelli per convincerlo a dargli i voti dei monarchici» (Sebastiano Messina) [Rep.].
 
Ma che fine hanno fatto tutti i papabili? Anna Finocchiaro è attivissima in aula ma non parla d’altro che di Italicum, Padoan rilascia interviste quotidiane ma riguardano solo di bond, tassi d’interesse, risparmio, Irpef, debito pubblico e investimenti e Giuliano Amato racconta la sua storia in Le istituzioni della democrazia – Un viaggio lungo cinquant’anni, ma non menziona il Quirinale neanche una volta. Walter Veltroni, dopo essere stato in Cile, ora sta lavorando al suo terzo  film (il secondo, I bambini sanno, uscirà il 23 aprile) e Sergio Mattarella se n’è ritornato nella sua Palermo per il weekend, senza lasciare che il TotoQuirinale turbasse le sue abitudini.  Pierferdinando Casini, candidato trasversale in grado di saldare i due fronti, pur di non parlare con nessuno, le sue abitudine le ha un po’ modificate: non attraversa più il suo caro Salone Garibaldi neanche per andare alla Buvette. E se Romano Prodi se ne è andato in Cina, Ignazio Visco a Davos a girato le spalle a un giornalista Rai che gli ha nominato il Quirinale, we se ne è andato, sorridendo in silenzio [Sebastiano Messina, Rep. E Alberto Gentili, Mes. ].
 
Tutti rumors che lasciano il tempo che trovano fino a quando giovedì mattina, all’assemblea dei grandi elettori, Renzi svelerà «il» prescelto e non una rosa.