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 2015  gennaio 26 Lunedì calendario

Violetta, la tennista uccisa dai suoi sogni. Aveva 24 anni, voleva di diventare come la Kurnikova. È morta in circostanze misteriose, non si capisce se sul campo di allenamento, a una festa o in ospedale. Tra sogni e foto su Facebook, un ritratto della Degtyareva

 Rostov, martedì 13 gennaio. La tennista russa Violetta Degtyareva, 24 anni il 9 luglio prossimo, è colta da malore. Sente una fitta al cuore. Perde conoscenza. La portano in ospedale. Apparentemente, la ragazza si riprende. Ma, altrettanto inspiegabilmente, il cuore cede di nuovo. Violetta muore.
   Rostov, martedì 13 gennaio. La tennista russa Violetta Degtyareva si sta allenando al centro sportivo del suo club quando ha un malore. Il petto le sembra esplodere. Una fitta tremenda. Sviene.
   Il cuore smette di battere.
   Rostov, martedì 13 gennaio. Si viene a sapere che il giorno prima, lunedì 12 gennaio, la tennista russa Violetta Degtyareva, rientrata a casa lunedì da Soci dopo aver trascorso le vacanze di Natale che in Russia finiscono proprio quel giorno – il 13 gennaio si festeggia il “vecchio nuovo” Capodanno, come ai tempi dello zar prima che cambiassero il calendario   – accusa un forte dolore al petto. Inutile la disperata corsa in ospedale.
   Tre versioni, una sola certezza: Violetta è morta. Ma come? E dove? L’intelligenza guidata dall’esperienza ci fa ipotizzare l’ennesimo, mai banale, caso di Morte Improvvisa da Sport. Qualcuno ci ricama su. Chi vuole esplorare il puzzle sotto un’altra prospettiva, più ghiotta per i mass media, grida al mistero. Dal mistero si scivola al complotto: lo sport, si sa, è terreno sovente avvelenato. L’esasperazione agonistica, l’ambizione di diventare campioni a tutti i costi, il cinismo dei dirigenti sportivi, la salute degli atleti spesso prevaricata da chissà quali interessi. Sono argomenti tabù, spesso trattati superficialmente. Senza dimenticare le insidie del doping, ma qui la deriva si sposta su declivi da inchieste giudiziarie.
   PURTROPPO la logica è un’amante convincente. Per capire come è morta, in assenza di referti medici, possiamo indagare su chi era, in vita, questa tennista che ha mobilitato i social network, avendo lei una pagina su Facebook in cui compare in decine di fotografie: è bellissima, fatale. Ama le pose da vamp. Sfoggia un fisico mozzafiato. I suoi lunghi capelli biondi, gli occhi grigio azzurri come il mar Baltico, una sessualità gioiosamente esibita, 291 “amici” – qualche calciatore, come Maksim Grigorev; o come la tennista ventenne moldava Anastasia Vdovenco di Chisinau, la prima a diffondere la notizia assieme a Tatiana Vdovenco, la madre di Anastasia, su Facebook, mercoledì 14 gennaio. Le agenzie russe rilanciano il 15 gennaio, la morte improvvisa e inspiegabile – forse sarebbe meglio dire: ingiusta   – di Violetta diventa globale. Qualcuno crea una pagina “in memoria”, dove la bella Violetta appare con un semplice ed elegante maglione dolcevita color marrone, su cui risaltano i capelli biondi naturalmente lisci, un sorriso accennato, uno sguardo da diva. Più d’attrice che da tennista, sebbene, a sinistra di questo ritratto ci sia l’immagine piccola di lei che ribatte un colpo, con una “mise” rossa. La pagina, consultata sabato a mezzogiorno, segnava 210 “mi piace”.
   In Russia il tennis femminile è di moda. Fin dai tempi di Boris Eltsin, che giocava discretamente e da primo presidente di una Russia non più sovietica voleva diffondere l’immagine di un capo di Stato sportivo, aitante e comunicativo. Lo sport serve per creare relazioni più moderne, più giovani: negli anni Novanta la Russia doveva ricominciare tutto di nuovo, uscire dalle macerie del comunismo. Ci fu una generazione di campionesse che s’imposero all’attenzione del mondo a racchette, e non solo, per la loro bravura, ma soprattutto per l’incredibile avvenenza. Un’avvenenza collettiva. Sbalorditiva. La più famosa di queste campionesse è Maria Sharapova, attuale numero 2 del mondo. È nata il 19 aprile del 1987. È alta un metro e 88, pesa appena 59 chili. Una modella che rifila servizi micidiali. Diventata professionista quattordici anni (nel 2001), a diciotto è stata la migliore del mondo. Sul sito specializzato ATP, il circuito dei campionissimi, si legge che ha guadagnato ben 32.730.228 dollari di premi e conquistato 34 tornei. Una cifra da moltiplicare per dieci, se si tien conto degli sponsor e dei brand di cui Maria è testimonial. La Sharapova vive in Florida, da quando ci arrivò piccina, a nove anni, per andare a perfezionarsi presso la mitica Bollettieri Academy, il liceo dei futuri crack. L’Atp distribuisce ogni anno 129milioni di dollari in premi, raggruppa 2500 giocatori di 92 nazioni.
   Violetta era motivata più dai sogni che dai risultati. Le classifiche internazionali la vedevano al posto 1084, era stata però 947. Non era mai andata oltre i quarti dei tornei cui partecipava. Il che la confinava nel circuito Itf, quello gestito direttamente dalla Federazione Internazionale del Tennis, dove affilano le racchette i tennisti di più basso livello tra i professionisti e dove lei era approdata nel 2009. Sinora la povera Degtyareva aveva racimolato appena 5.351 dollari, coi quali non si pagava nemmeno le spese dei materiali, figuriamoci il coach e i viaggi. A quelli, probabilmente, provvedeva la famiglia. Forse lo consideravano una sorta di investimento. Forse, speravano che giocare a tennis e girare il mondo potesse traghettarla là dove speranze, ambizioni e sogni s’incrociavano. La coetanea Anya Morgina, buona tennista numero 391 del ranking internazionale, le ha infatti scritto un ultimo saluto: “Eri così giovane e avevi moltissime ambizioni che stavano per realizzarsi...”
   Certo, la Sharapova era come una dea irraggiungibile. L’estremo. Violetta le preferiva la moscovita Anna Kurnikova, che non gioca più (adesso ha 33 anni), figlia di maestri dello sport. Pure Anna vive, come la Sharapova, in Florida, a Miami. Non ha messo da parte il bottino della rivale, ma vanta pur sempre 3.584.662 dollari di premi. Non altissima però un fisico mozzafiato lo stesso. Mitica tra i giovani per la sua movimentata vita sentimentale, è stata persino fidanzata di Enrique Iglesias, addirittura si parlò di matrimonio e di divorzio, e comunque la coppia avrebbe investito la bellezza di 20 milioni di dollari per la realizzazione di un’isola privata a Miami. Chissà, magari sarà stata Violetta a confidare ad un’amica che le sarebbe piaciuto diventare la nuova Kurnikova. Fox News le ha fatto il titolo, “The next Anna Kournikova dies”.
   Poi, li mistero si è un po’ sciolto. È diventato dubbio. L’idoneità per giocare tra i professionisti era stata accuratamente verificata? Lecito chiederselo. Anche perché c’è chi comincia a diffondere elenchi di altri atleti che parevano nel fior fiore della forza e della salute e invece sono stati ghermiti dalla morte. Sono tanti, in tutto il mondo. Tanti anche da noi.