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 2015  gennaio 26 Lunedì calendario

«Chi chiama richiama» Il bon ton del cellulare. Se cade la linea, entrambi rifanno il numero e il risultato è un botta e risposta di sms che avvertono che l’altro è occupato e poi che è libero e poi che ha provato a telefonarci

Provato per voi. Il primo interlocutore di questo articolo è Giuseppe Riva, docente di Psicologia della comunicazione alla Cattolica di Milano. Il telefonino squilla quattro volte, poi cade la linea. Riproviamo, ma il cellulare ora è staccato. Dopo qualche minuto «ChiamaOra» ci annuncia che l’utente è di nuovo raggiungibile. Richiamiamo oppure no? Meglio un sms, per dire chi siamo e cosa vogliamo. 
«Mi dispiace, ma ero in macchina con le mie due bambine e dovevo dare la priorità a loro», si scusa mezz’ora dopo il professore, senza sapere di essere entrato nel cuore dell’articolo. Cosa dobbiamo fare, nell’era 2.0, quando non riusciamo a rintracciare qualcuno? La domanda è a metà tra il bon ton e la mania del controllo. Di sicuro, non aveva senso farla trent’anni fa, quando ci si parlava guardandosi negli occhi o sentendosi su un telefono fisso. E se l’interlocutore non era in casa o in ufficio, pazienza. 
«Le tecnologie hanno ridotto le tipiche barriere spazio- temporali della comunicazione faccia a faccia dandoci l’illusione che l’altro sia sempre a nostra disposizione. Le aziende che danno come benefit i cellulari, implicitamente si aspettano che il dipendente sia sempre reperibile. Ma la telefonata è sempre un’intrusione, da cui ci possiamo difendere, quando serve, togliendo la suoneria o spegnendo completamente il dispositivo», spiega Riva. 
Resta il fatto che ci «incartiamo» da soli anche nelle telefonate amichevoli: cade la linea, entrambi riproviamo a chiamare e il risultato è un botta e risposta di sms che avvertono che l’altro è occupato e poi che è libero e poi che ha provato a chiamarci. «Bisognerebbe applicare la regola: chi chiama richiama», aggiunge Riva. 
Sembra solo buon senso, ma in realtà sono codici di comportamento che richiedono tempo. Lo fa notare Alberto Marinelli, che insegna Teorie e tecniche dei nuovi media alla Sapienza di Roma. «Non c’è altro modo che lavorare sulle buone pratiche, anche perché ci sono voluti secoli per la codificazione dei comportamenti da tenere, per esempio, quando si va in casa d’altri». 
Oggi la nostra rete dei rapporti è sempre più intricata. «Il numero di Dunbar, cioè le persone con cui un individuo è in grado di mantenere relazioni sociali stabili, con l’avvento delle nuove tecnologie è salito da 150 a 400. È aumentato a dismisura il numero di legami cosiddetti deboli, e basta scorrere la nostra rubrica telefonica per averne la prova». 
Forse vale la pena accogliere l’invito di Giuseppe Riva al digiuno tecnologico una volta al mese. Il giorno dopo le chiamate ricevute o perse non ci sembreranno più aggressioni o atti di lesa maestà, ma quello che sono: tentativi di parlare con qualcuno che non era libero in quel momento.