il Fatto Quotidiano, 26 gennaio 2015
Vihas, il medico dei poveri che ambisce al ministero: «Ho deciso di accettare la candidatura che mi è stata offerta perché tra le prime leggi che Tsipras vuole fare c’è quella che cancella il carcere per tutti quelli che si fanno curare "abusivamente"»
Nel quartiere di Voula, circoscrizione B nella periferia meridionale di Atene, dove vivono 2 milioni di persone, buona parte delle quali in stato di disoccupazione e indigenza, il mare è calmo e il sole è riuscito ad aprirsi un varco tra le nuvole. Le previsioni si sono rivelate sbagliate. Davano pioggia. “Speriamo invece che quelle elettorali siano giuste e vinca Syriza”, dicono un gruppo di anziane pensionate. Non appena arrivano al seggio, si precipitano verso un signore dall’aspetto di ragazzo, alto, con i capelli neri a spazzola, gli occhiali e un sorriso discreto.
“DOTTORE, VOTIAMO per lei, grazie per tutto quello che ha fatto per noi poveri, senza di lei dovremmo andare in giro senza denti e ansimando”, e ridono contente di avere la dentiera e le pompette per l’asma. Il minimo nella Grecia del terzo millennio? No, qui tanti non riescono più a pagarsi addirittura i farmaci salvavita, né il ticket per una radiografia, né essere curati in ospedale, nemmeno in caso d’infarto. Il dottore risponde loro che non ha fatto nulla di eclatante visto che è suo dovere curare i malati. E non ritiene nemmeno che 3 ore di volontariato ogni pomeriggio, più innumerevoli ore passate al telefono con i direttori degli ospedali per cercare di convincerli ad accettare pazienti senza stipendio e quindi assicurazione sanitaria (agganciata alla busta paga) pena la denuncia per tentato omicidio, sia un merito. Solo dovere. Intanto si sono fatte le 10.30. Alla diciottesima telefonata di sconosciuti che gli annunciano che voteranno per lui e dopo decine di strette di mano, Beatrice, moglie del candidato di Syriza Yorgos Vihas, 53 anni, medico di professione, gli dice di respirare profondamente, chiudere gli occhi e fare un paio di asana, posizioni dello yoga che rilassano.
LEI È INSEGNANTE di yoga, lui oltre che cardiologo presso un ambulatorio pubblico è il fondatore della clinica sociale metropolitana di Voula, dieci ambulatori dove lavorano come volontari cento medici e 50 infermieri, con tanto di poltrona dentistica e sala chirurgica per piccoli interventi. Non solo, da quando la Grecia è precipitata nel buco nero della crisi economica, Vihas si è trasformato anche nel più determinato accusatore dei partiti di governo, rei, secondo lui, di contraddire la cultura della solidarietà nata in Grecia grazie a Ippocrate e all’Antigone di Sofocle e di commettere omicidio premeditato, perché molti malati disoccupati sono morti per essere stati respinti al pronto soccorso. “Oltre a soffrire per la mancanza di lavoro, i disoccupati non hanno più accesso al servizio sanitario nazionale. Vi sembra possibile nella culla della civiltà e della democrazia...”, dice amaramente Vihas, che sta aspettando da mesi la sentenza del tribunale dopo aver consegnato alla procura una denuncia contro un centinaio di colleghi che si sono rifiutati di curare dei disoccupati. “Dirò di più, chi è riuscito a farsi curare lo stesso, nascondendo di essere disoccupato e dunque di non avere più l’assicurazione sanitaria, è finito in carcere per mesi. Io non sono un iscritto di Syriza ma ho deciso di accettare la candidatura che mi è stata offerta perché tra le prime leggi che Tsipras vuole fare c’è la messa a punto di una legge che cancelli questa follia”.
E AGGIUNGE: “Tutti, ma a maggior ragione i disoccupati e i loro figli, devono poter essere curati dal sistema sanitario. La seconda misura che vogliamo prendere al più presto è quella che riguarda i 3mila medici di base licenziati dal governo Samaras su ordine della Troika. Oggi in Grecia tanta gente è rimasta senza quello che voi chiamate ‘medico di famiglia’. La terza è quella che inasprisce le pene per i medici che chiedono mazzette per truccare le liste di attesa. La corruzione deve essere combattuta a tutti i livelli, in particolare se riguarda la salute della gente. Non è possibile che qui a pagare siano sempre i più poveri”.