il Fatto Quotidiano, 26 gennaio 2015
La fine del Pasok. I socialisti guidati dall’ex vice-premier Euaggelos Venizelos hanno raccolto poco più del 5 per cento. Il peggior risultato nella loro storia. E pensare che nel 2009, con il 43 per cento dei voti, formarono l’ultimo governo monocolore greco
Se questa tornata elettorale aveva un vincitore certo, prima ancora dell’apertura delle urne, anche il nome del perdente era conosciuto. I socialisti del Pasok, guidati dall’ex vice-premier Euaggelos Venizelos hanno raccolto poco più del 5 per cento. Il peggior risultato nella loro storia. Un crollo, se confrontato con il 2009 quando, con il 43 per cento dei voti, formarono l’ultimo governo monocolore greco. Quel mandato parlamentare fu segnato dalla “scoperta” del debito accumulato dalla Grecia. Da quei giorni, molto del consenso di cui godeva il Pasok è passato a Syriza, che ha visto lievitare i propri voti dal 4,7 per cento del 2009 al quasi 35 di ieri. Ma la perdita di voti non è bastata a cancellare i socialisti dai ministeri. Ed è proprio sulla presenza all’interno del governo di unità nazionale, guidato dal conservatore Antonis Samaras, che arrivarono le critiche più dure allo storico partito del centrosinistra greco.
Un’altra fetta di voti socialisti, poco meno del 3 per cento, ha seguito Georgeos Papandreou, il primo ministro che lasciò insediare la Troika ad Atene. Dopo una lunga lotta intestina, tre settimane fa, Papandreou ha lasciato il Pasok, fondato da suo padre Andreas. La sua nuova creatura Kinima-socialisti democratici per un soffio non entra in Parlamento. E il Pasok diventa a tutti gli effetti il partito personale di Venizelos.
ALLE SPALLE ha 20 anni di governo quasi ininterrotti, con cravatte, completi e poltrone tipiche di quella casta che ha prodotto il debito pubblico e provocato la discesa dell’austerity su Atene. Lo stesso gruppo dirigente che Tsipras, in campagna elettorale, ha promesso di spazzar via. Venizelos è considerato uno dei protagonisti dello sforzo per ottenere il prestito della Troika, evitando così la bancarotta greca. Con le politiche di contenimento della spesa pubblica, ha però tradito il suo elettorato basato nella classe media fatta in larga misura da coloro che hanno più pagato la crisi. Al Pasok ha sottratto consensi anche il binomio giornalismo-politica. To Potami (Il Fiume, in greco) partito nato per le elezioni europee dello scorso anno, è fondato sulla figura carismatica di Stauros Theodorakis, noto volto della televisione pubblica prima, privata poi, ieri ha raccolto il 5,7 per cento. E così si è garantito una pattuglia di deputati che si potrebbe rivelare fondamentale per costruire una maggioranza stabile. To Potami si è presentato sin dai suoi primi passi come “contro la casta, che va oltre la classificazione politica di destra e sinistra”. Tanto che sin dall’inizio della crisi parlamentare, nata per l’elezione del nuovo presidente della Repubblica, si è proposto per una coalizione sia ai conservatori di Nea Democratia, sia alla sinistra radicale di Tsipras. Syriza ha immediatamente declinato l’offerta, bollando Theodorakis come “stampella del potere”. Hanno votato per Il Fiume i delusi del Pasok, che non si fidano della parole troppo rivoluzionarie di Tsipras. L’ascesa di To Potami potrebbe essere bloccata da un’efficace azione di governo di Siryza, ma se la sinistra radicale non riuscisse a risollevare le sorti della Grecia, si dovrebbe rivolgere al nuovo partito.