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 2015  gennaio 26 Lunedì calendario

Tsipras non potrà sottrarsi all’obbligo di avere una politica finanziaria seria e responsabile. Ma i suoi interlocutori, quando verrà in discussione il problema dell’austerità, faranno bene a ricordare che l’uscita della Grecia dall’eurozona, e forse dall’Ue, non è una scelta immaginabile e ragionevole

Èstato detto che la Grecia è troppo piccola perché la sua uscita dall’eurozona abbia effetti irreparabili sulle sorti dell’euro e dell’Unione Europea. Sarebbe forse vero se l’economia fosse soltanto cifre e la politica un teorema basato su fattori esclusivamente quantitativi. Ma la Grecia è anche altre cose che la buona politica non può ignorare. È una parte essenziale della nostra storia, della nostra cultura e di quella che, con parola abusata ma particolarmente adatta in questo caso, viene definita identità. Se l’Ue vuole essere molto più di una semplice alleanza, non è realistico pensare che i grandi Paesi, dagli Stati Uniti alla Cina, reagirebbero distrattamente all’abbandono di Atene. Penserebbero che l’Europa di Bruxelles e Strasburgo è soltanto una costruzione utilitaria e contingente, priva di qualsiasi motivazione ideale, pronta a sbarazzarsi del più vecchio dei suoi passeggeri se la barca s’imbatte in una tempesta. E da questa constatazione trarrebbero inevitabilmente conclusioni negative sull’autorità e sull’affidabilità del progetto europeo. Le critiche sarebbero rafforzate da un fattore politico e geografico di cui non tutti sembrano ancora consapevoli. Per molto tempo, il Mediterraneo è stato oggetto di una percezione dominante.
 I Paesi europei che si affacciano su questo mare, erano considerati meno sviluppati e dinamici, per di più al confine con regioni a cui occorreva prestare attenzione soltanto quando scoppiava un conflitto con Israele, o il prezzo del petrolio subiva variazioni troppo brusche, o un colonnello conquistava il potere con un colpo di Stato. 
Le frontiere europee importanti erano quelle dell’Atlantico con gli Stati Uniti e quelle orientali con l’Unione Sovietica e i suoi eredi. Oggi i confini meridionali dell’Unione sono la frontiera dell’Europa con l’Islam in un momento in cui l’intero mondo musulmano è attraversato da guerre civili e crisi istituzionali. Esistono problemi d’immigrazione e di sicurezza che richiedono politiche comuni. Ed esistono problemi di convivenza che l’Europa potrà risolvere soltanto quando riuscirà a fare dei suoi dirimpettai, in Africa del Nord e nel Levante, altrettanti partner economici. Non possiamo risolvere i loro problemi ma possiamo offrire prospettive che aiuteranno i riformatori a conquistare il consenso dei loro connazionali. 
La Grecia, in questo quadro, è indispensabile. Lasciata a se stessa, soprattutto in questo momento, diverrebbe il malato cronico dell’Ue, sarebbe costretta ad affrontare da sola problemi troppo grandi per i suoi mezzi e finirebbe per rendere l’Europa ancora più vulnerabile. Unita agli altri Stati europei, invece, permetterebbe di fare una politica più coerente ed efficace. 
Alexis Tsipras non potrà sottrarsi all’obbligo di avere una politica finanziaria seria e responsabile. Ma i suoi interlocutori, quando verrà in discussione il problema dell’austerità, faranno bene a ricordare che l’uscita della Grecia dall’eurozona, e forse dall’Ue, non è una scelta immaginabile e ragionevole.