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 2015  gennaio 23 Venerdì calendario

In futuro i maschi potranno fare figli senza donne? In un laboratorio di Cambridge sono stati creati spermatozoi e cellule uovo dalle staminali. È la prima volta che si riesce a farlo nell’uomo. Un risultato che apre scenari fino a ieri inimmaginabili, anche se non così prossimi

I bambini non li porta la cicogna. Non nascono nemmeno sotto i cavoli. I bambini del ventunesimo secolo nascono sempre più spesso grazie all’aiuto della scienza e della medicina. E quelli del ventiduesimo? Staremo a vedere. Per la prima volta, infatti, un gruppo di ricercatori di Cambridge è riuscito a costruire le delicate cellule della riproduzione al di fuori di testicoli e ovaia. Partendo dalle cellule staminali e dimostrando che, un giorno, potremmo avere cellule uovo e spermatozoi pronta consegna, ricavati in laboratorio laddove la natura non riesca a pensarci da sé.
La fantabiologia già vorrebbe parlare di uomini che si riproducono senza donne, di mammenonne eternamente fertili, di scienziati Frankenstein a capo di fabbriche di bambini. Ma la realbiologia, per fortuna o purtroppo, è decisamente meno fantasiosa. In compenso è molto più interessante, perché preannuncia non solo una rivoluzione nelle terapie per la sterilità, ma anche la comprensione, per esempio, di come e perché in età avanzata fare figli sia più difficile, anche col metodo tradizionale che conosciamo tutti.
La ricerca proviene dal Gurdon Institute di Cambridge, l’istituto per la ricerca sulle cellule staminali fondato dal premio Nobel per la medicina 2012 John Gurdon. Lo scienziato inglese è nella storia dalla fine degli anni Cinquanta per avere clonato un vertebrato (in quel caso il girino di una rana acquatica) a partire da una cellula già matura. Era la prima volta che la biologia viaggiava nel tempo, tornando indietro da una cellula adulta a una cellula di embrione, e poi avanti da quella cellula a un intero organismo adulto uguale all’organismo di partenza. Ed era l’inizio della ricerca sulle cellule staminali. Ma a quel tempo l’obiettivo di Gurdon non era né la clonazione né tantomeno la produzione di staminali. Era capire che cosa fosse contenuto nel Dna delle singole cellule e se ciascuna avesse in sé tutte le informazioni che costruiscono l’intero individuo. Un obiettivo molto di base, insomma.
Oggi, con John Gurdon ultraottantenne ma ancora attivo a Cambridge tra microscopi e provette, i viaggi nel tempo della biologia hanno risolto un nuovo problema. La ricerca ha infatti permesso di produrre i precursori delle cellule uovo e di spermatozoi in una sola settimana, a partire da cellule staminali embrionali e persino da cellule della pelle, quindi adulte e specializzate. È la prima volta che si riesce a farlo nell’uomo. Mentre nel 2012 un gruppo di scienziati giapponesi era riuscito a far nascere topolini da cellule uovo prodotte in laboratorio. E in precedenza si erano ottenuti in maniera analoga spermatozoi nuovi di zecca. Nell’uomo mancava un tassello chiave, cioè il gene capace di innescare il processo. Oggi questo ha un nome: SOX17. È un gene che nel topo non sembra avere nessun ruolo. E per Azim Surani, che ha diretto la ricerca, è una sorpresa: «I topi sono il modello chiave per lo studio dello sviluppo dei mammiferi», ha dichiarato al Guardian. Ma, evidentemente, ha proseguito, «questa estrapolazione non è sempre affidabile». Quindi la ricerca ha bisogno di utilizzare anche cellule umane, se vuole studiare l’uomo.
Quanto alle prospettive fantabiologiche, ci si può divertire a immaginare mondi in cui ciascuno di noi produce cellule uovo e spermatozoi dalle cellule della pelle e si riproduce da solo o con partner dello stesso sesso, superando una barriera biologica che oggi è insormontabile. Ma c’è una differenza tra uomini e donne che balza agli occhi. I maschi hanno un genoma di 46 cromosomi di cui due sessuali: un X e un Y. Perciò negli spermatozoi mettono 23 cromosomi, di cui uno solo sessuale, che può essere X (allora la prole è femmina) o Y (e allora sarà un maschietto). Mentre le femmine hanno comunque 46 cromosomi, ma i due sessuali sono entrambi X. Quindi nelle cellule uovo mettono 23 cromosomi di cui sempre una X.
Questo ha portato qualcuno a pensare che un giorno gli uomini potranno farsi costruire in laboratorio cellule germinali dotate alternativamente di X e di Y, sia spermatozoi sia cellule uovo. Mentre che per le donne l’offerta sarà solo di cellule con X. Ma Surani rallenta gli entusiasmi, e le fantasie: «Non è impossibile che un giorno costruiremo cellule di questo tipo. Ma come saremo capaci di usarle è un’altra questione, che affronteremo in un altro momento». Insomma: lasciateci lavorare e non esagerate con la fantabiologia. Questa «è il punto di partenza per nuovi lavori», insiste. E, come nel caso del giovane John Gurdon di sessant’anni fa, ha poco senso decidere oggi che quali saranno.
La prospettiva certa è intanto quella di una svolta nel trattamento delle infertilità: situazioni oggi molto frequenti per cui ogni progresso nella terapia è necessario e benvenuto. Ma c’è già qualche idea in più. Gli scienziati del Gurdon Institute insistono a dire che la loro ricerca non avrà conseguenze solo in ambito riproduttivo. Per cominciare, dicono, sarà utile per capire le malattie dell’invecchiamento legate ai danni da fumo, da cattive abitudini alimentari, da esposizione a sostanze chimiche. Danni che affliggono le cellule normali, ma che vengono cancellati a un certo punto dello sviluppo delle cellule germinali, permettendo al loro Dna di ricominciare una nuova vita in cui le colpe dei padri non ricadono sui figli. «La nostra ricerca ci potrà far capire come si cancellano queste mutazioni», spiega Surani. Come dire che, con la giusta ambizione della realbiologia, non cambierà solo il nostro modo di riprodurci, ma cambierà tutta la nostra vita. E che quando avremo a che fare con cellule uovo e spermatozoi non si tratterà più necessariamente di vecchie storie di cavoli e cicogne.