il Fatto Quotidiano, 23 gennaio 2015
In Libia è il caos tra faide, petrolio e rapimenti. È sparito il medico siciliano Ignazio Scaravilli che stava dando il suo aiuto all’ospedale di Dar Al Wafa
La procura di Roma ha aperto un fascicolo sulla scomparsa di Ignazio Scaravilli, medico che risulta irreperibile in Libia. Scaravillli ha 70 anni, è originario di Catania, e non si hanno sue notizie dal 6 gennaio scorso. Il caso è seguito dal pm Sergio Colaiocco, l’ipotesi di reato è sequestro di persona con finalità di terrorismo. Scaravilli, specialista ortopedico, si era recato in Libia per dare il proprio contributo all’ospedale di Dar Al Wafa, nella zona di Suq Talat: salgono così a tre gli italiani spariti in aree battute da milizie integraliste: gli altri sono Giovanni Lo Porto e Paolo Dall’Oglio. Il primo è stato rapito tre anni fa, il 19 gennaio 2012, assieme a un collega tedesco in Pakistan, poi liberato il 10 ottobre scorso; padre Paolo Dall’Oglio è invece scomparso in Siria nel luglio 2013.
Il caso del medico italiano conferma, se ve ne fosse stato bisogno, il caos in cui si dibatte la Libia: decine di fazioni armate, al netto della retorica dei fondamentalisti contro i nostalgici gheddafiani, combattono le une contro le altre in una guerra per il potere, che fuor di metafora si traduce in una lotta per l’accaparramento delle risorse petrolifere. Gli scontri tra i due blocchi più consistenti – le forze guidate dal generale Khalifa Haftar, alleate al Parlamento riconosciuto dalla comunità internazionale e rifugiato nella città orientale di Tubruq, e i gruppi armati della coalizione Fajr Libia che dallo scorso luglio controllano la capitale Tripoli e sostenute dal Parlamento rivale, il Congresso Generale Nazionale – hanno portato il livello di esportazione nazionale di petrolio a 300 mila barili al giorno a fronte dei circa 900.000 dello scorso settembre e dei 1.600.000 barili garantiti prima della Rivoluzione del 2011, che ha visto la fine del regime di Gheddafi. Lo scorso mese Fajr Libia ha lanciato un’offensiva sui porti di Es Sidra, il più grande terminal petrolifero non solo del paese ma nel Mediterraneo, e Ras Lanuf per strappare gli assets nazionali dalle mani delle autorità rivali di Tubruq. Le forze di Haftar hanno risposto al fuoco e negli scontri alcuni depositi sono stati colpiti mandando in fumo circa 1,8 milioni di barili di greggio. Solo i primi di gennaio il terminal di Es Sidra è tornato operativo, sotto il buon auspicio del cessate il fuoco richiesto dalle Nazioni Unite e accettato da entrambe le parti in occasioni degli incontri di Ginevra sul dialogo nazionale per la stabilità della Libia.
Lo scorso lunedì la tregua è stata nuovamente interrotta, mentre la più grande raffineria di petrolio di Ras Lanuf è chiusa e quella di Zawiyah è solo parzialmente operativa per via dei danni subito nei bombardamenti aerei delle forze di Haftar contro le posizioni di Fajr Libia nell’area.
Capacità di esportazione a parte, anche in termini di estrazione la Libia oggi soffre: il più grande campo di estrazione petrolifera Al Sharara, operato dalla spagnola Repsol insieme con la società petrolifera nazionale libica NOC, è fermo. Lo scorso novembre uomini della tribù di minoranza culturale Tuareg, alleate con Fajr Libia, hanno fatto irruzione nel campo a sud del Paese, costringendo alla fuga le forze Tabu, ufficialmente incaricate della protezione dell’infrastruttura per conto delle autorità di Tubruq. Di fatto oggi le forze Fajr Libia controllano la grande raffineria di Zawyia, sulla costa occidentale; le piattaforme petrolifere off shore, Al Jurf, Bahr Al Salam, Al Buri e il compound dell’ENI Mellitah. Mentre le forze governative hanno il controllo dei campi di estrazione a sud di El Phil e Wafa, e ad Est della raffineria di Brega e del porto attiguo, unico terminal attualmente operativo insieme con quello di Hariga nel paese.
Mentre le due fazioni si accusano vicendevolmente su chi ha attaccato per primo il fuoco ad Es Sidra lo scorso lunedì come da trazione nell’attuale guerra civile libica, un dato invece certo: la chiusura del terminal di Es Sidra è un duro colpo per le finanze del paese che vede il 95 per cento della sua economia basata sui ricavi petroliferi. La scorsa settimana, per voce del primo ministro Al Thinni alleato con Tubruq, ha annunciato un taglio del budget di circa 19 miliardi di dollari per il 2014 a fronte dei 54 previsti.