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 2015  gennaio 23 Venerdì calendario

Tutti i cecchini che sabotarono Prodi, dai rancori degli ex popolari alle ambizioni della pattuglia lettiana

Quel cinema romano a due passi da Montecitorio che vide consumarsi le candidature pd regolarmente poi cecchinate, è chiuso da tempo, sbarrato, in ristrutturazione. E sta al numero civico 101. Quando si dice omen nomen, il presagio.
Fu lì che i parlamentari del Pd si riunirono una prima volta per acclamare Franco Marini prescelto al Colle, salvo poi bocciarlo nell’urna la mattina dopo; e una seconda volta, per acclamare Romano Prodi nuovo Mosé per il Colle, cecchinato in maniera ancora più plateale dagli stessi che si erano spellati le mani. Matteo Renzi regista dell’operazione 101? Così sostiene Stefano Fassina, dando voce e spiegazione di quel che ha detto Pierluigi Bersani qualche giorno fa, «i 101 è stato un complotto contro di me, per farmi cadere da segretario».
I CALCOLI
L’equazione viene facile: chi aveva interesse a picconare la leadership di Bersani? Semplice, il giovane venuto da Firenze, il sindaco battuto alle primarie che Vedeva piuttosto l’occasione per la rivincita e la conquista del Nazareno. Stanno così le cose?
Dalle testimonianze, dalle ricostruzioni, dichiarazioni, mezze ammissioni e mezze conferme, salta fuori che l’operazione 101 annovera ben altri registi, prima di arrivare a Renzi bisogna fare un percorso più articolato. Il futuro leader del Pd poteva contare allora su una cinquantina di parlamentari, disse no apertamente a Marini optando per Chiamparino, mentre su Prodi, a quel che si è potuto ricostruire, a quel tempo ragionava così: se viene eletto, farà il king maker a mio favore, e comunque non darà sicuramente l’incarico a Bersani. Un atteggiamento che probabilmente ha portato una decina dei suoi a non votare Prodi, ma a una aperta congiura in pochi lo pensano, a parte Fassina.
La scena torna in quel cinema al 101: caduto Marini, Bersani cambia cavallo e punta su Prodi. «Mi spiegate che cosa è successo a Pierluigi?», chiedeva Marini ogni volta che qualcuno andava a trovarlo a palazzo Giustiniani. Finora non lo ha spiegato neanche Bersani, nonostante le critiche anche severe di cui è stato fatto oggetto («c’è stata totale insipienza tattica e politica, in 24 ore si è passati dal candidato concordato con Berlusconi al candidato più inviso al medesimo», ebbe a dire Massimo D’Alema).
IL CERCHIO MAGICO
Bocciato Marini, il ristretto cerchio magico emiliano che circondava Bersani opta per Prodi. Con un cambio di scenario: visto che tra i candidabili c’era pure D’Alema, si pensa di procedere con una sorta di ballottaggio tra i due.
La scena apparecchiata prevede che Bersani, non da segretario ma da deputato, salga alla tribuna per lanciare Prodi, mentre Anna Finocchiaro salirà a sua volta per lanciare D’Alema. Ma sulla via del cinema qualcuno provvide a bloccare quelli che stavano portando l’urna per le votazioni, il ballottaggio non si fece, parlò solo Bersani e Prodi fu acclamato. Di lì a qualche tempo, sempre D’Alema in varie interviste e a Marco Damilano autore di”Chi ha gridato più forte”, il libro che ricostruisce l’affaire, spiegò che in quel cinema accaddero cose strane, «molti non andarono all’assemblea, l’applauso non fu di tutti, chi doveva parlare non lo fece», e via recriminando.
Tra i sicuri tiratori franchi vengono annoverati tanti ex popolari di scuola fioroniana e non solo, quelli che «dopo quanto è stato fatto a Marini, figuriamoci se possiamo votare Prodi». Ma non finisce qui. Grande fu la sorpresa di Prodi, per non dire lo sconcerto, quando apprese che finanche Enrico, nel senso di Letta, avrebbe tramato contro di lui. C’è la testimonianza del lettiano Guglielmo Vaccaro, mai smentita dall’interessato, che arriva alla Camera e vaticina: «Vi dico io come va a finire, Prodi salta, al Colle torna Napolitano, che incaricherà Letta per il nuovo governo». Il mago Merlino a Vaccaro gli fa un baffo.