Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  gennaio 23 Venerdì calendario

La Repubblica semi-presidenziale, l’elezione a suffragio universale e il premierato. Una questione di poteri

Ai parlamentari eletti in collegi uninominali è giusto chiedere il voto palese per il presidente della Repubblica (e non solo). Lo spiegheranno poi ai loro elettori. Ai parlamentari «nominati» la richiesta è impropria. Senza chiamare in causa la pur rilevante inesistenza di vincolo di mandato, votare palesemente su persone che hanno il potere non soltanto di ricompensare abbondantemente, ma anche di punire duramente i loro non-elettori, inquina in maniera decisiva il voto. Comunque, il voto palese esige anche, preliminarmente, un dibattito palese, in Parlamento. Altrimenti, meglio, molto meglio che «la nebbia sull’irto Colle», lamentata nell’articolo di Galli della Loggia, venga diradata dall’elezione popolare diretta del presidente della Repubblica. Vive la France!
Gianfranco Pasquino
Bologna

Caro Pasquino,
Dalla conclusione della sua lettera deduco che a lei piace il sistema politico francese, creato dalla costituzione della V Repubblica dopo il ritorno al potere del generale De Gaulle. Ma siamo certi che l’elezione popolare del presidente basterebbe a fare dell’Italia una Repubblica semi-presidenziale? Abbiamo una Costituzione volutamente ambigua in cui esiste un presidente del Consiglio, responsabile del potere esecutivo, ma anche un capo dello Stato con poteri (fra gli altri soprattutto lo scioglimento delle Camere) che in altri Paesi appartengono all’arsenale del premier. Conosciamo le ragioni di questa ambiguità (l’ombra del fascismo che ancora incombeva sul Paese) e sappiamo di quali e quanti scontri fra palazzi sia stata la causa.
Bettino Craxi, forse consigliato da Giuliano Amato, sperò che l’elezione diretta del capo dello Stato avrebbe creato le condizioni per un chiarimento, e cercò di aprire un dibattito. Silvio Berlusconi si è servito della legge elettorale per formare coalizioni di cui era leader indiscusso, e limitare considerevolmente, in tal modo, la discrezionalità del capo dello Stato. Ma bastò la crisi di fiducia del 2011 perché il potere temporaneamente perduto ritornasse nelle mani del presidente della Repubblica. Matteo Renzi sembra deciso a rafforzare i poteri del premier e vuole la riforma del Senato perché gli consentirebbe di meglio gestire il rapporto con il Parlamento. Ma anche Renzi potrebbe accorgersi che l’ostacolo non può essere aggirato e che il solo modo trasparente per affrontare il problema è la modifica della Costituzione in un senso o nell’altro. Se vogliamo una Repubblica semi-presidenziale sarà opportuno che il presidente venga eletto dal popolo. Se preferiamo il premierato e decideremo di rafforzare i poteri del presidente del Consiglio, l’elezione parlamentare del capo dello Stato smetterà di essere un’occasione per intrighi e manovre.