Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  gennaio 22 Giovedì calendario

Il museo dell’arte rubata. Un posto dove tutti possano vedere i reperti recuperati, prima che siano restituiti ai legittimi proprietari. L’idea è venuta al ministro Dario Franceschini grazie all’operazione Teseo, quei 5.361 oggetti ritrovati dai carabinieri nei 5 depositi di Gianfranco Becchina, a Basilea, nel 2001

Un «luogo dove far transitare temporaneamente gli oggetti d’arte che vengono recuperati, soprattutto dai carabinieri del Comando per la tutela culturale, in modo che tutti li possano vedere, prima che siano restituiti ai luoghi dove sono stati sottratti», quasi un «museo dell’arte rubata»: intende crearlo il ministro Dario Franceschini, e lo dice mentre i carabinieri presentano il più grande recupero mai compiuto di archeologia scavata clandestinamente: «I 5.361 oggetti sequestrati nei 5 depositi di Gianfranco Becchina, a Basilea, nel 2001», precisa il generale Mariano Mossa, a capo dei “carabinieri dell’arte”. «Becchina non è stato mai condannato», spiega Giancarlo Capaldo, procuratore aggiunto di Roma, «perché è stato prosciolto. Credo che le norme non siano assolutamente più adeguate, né le pene; ma so che il governo sta pensando a inasprirle» Franceschini vuole dare un nuovo impulso alla lotta contro i «predatori dell’arte»: i successori (siamo bipartisan) dei ministri Buttiglione e Rutelli, se n’erano abbondantemente dimenticati; adesso, il responsabile dei Beni culturali ha formato una commissione per rivendicare le forse migliaia di opere, che sono ancora in almeno una trentina d’importanti musei stranieri.
TAPPETI D’ARTE
Questo avviene al Museo delle Terme, a Roma. Al secondo piano, cinque sale sono ingombre dei reperti Becchina: solo posati a terra, a formare una distesa d’arte recuperata; un tappeto di archeologia ritrovata, dopo che la Svizzera ha riconosciuto la sentenza di confisca italiana del 2012. «Ci sono voluti quattro autotreni per trasportare il tutto; ha un valore sui 50 milioni di euro», spiega il generale. 
E la soprintendente Maria Rosaria Barbera: «Ci sono 1500 anni di storia; interi santuari depredati; antichità da ogni parte d’Italia, e specialmente dal Centro e dal Sud, dall’VIII secolo prima, al III dopo Cristo». Anfore a figure rosse e nere; terrecotte e marmi; 500 metri quadrati di affreschi pompeiani, allineati lungo 15 metri di pareti; i bronzetti sardi in quantità; gli oggetti pugliesi i più numerosi: li riforniva Raffaele Monticelli, interi faldoni al suo nome nell’archivio, preziosissimo, sequestrato a Becchina, del quale alcune parti sono esposte in una sala. Stele daunie assai rare e, al tempo, quasi sconosciute; gioielli d’oro; «anche due opere rubate dal museo di Terracina, nel 1981», spiega chi ha condotto le indagini. 
Un bendiddio mai visto prima, e la cui quantità davvero impressiona. Il nome dato all’impresa è “Operazione Teseo”, ed ecco un vaso che lo ritrae mentre vince il minotauro, «liberando gli ateniesi, cioè libera i reperti; poi, c’è il labirinto, per spiegare la complessità delle indagini», racconta sempre uno dei carabinieri più «operativi». Oggetti, per come sono stati scavati, irrimediabilmente divenuti “muti”, che non possono più raccontare nulla dell’antichità di cui sono portatori: in che tomba erano, chi vi era sepolto, a fianco di cosa sono stati trovati. Chi scava così non è un archeologo, ma semmai un assassino: del passato, e della storia.
OGGETTI
Gli oggetti esposti, la cui quantità «desta raccapriccio» (ancora Franceschini), sono circa la metà di quelli tornati dalla Svizzera. Che non sono nemmeno tutti quanti Becchina possedeva: durante l’irruzione dei carabinieri, dall’Italia lui telefona ripetutamente a una segretaria, urlando: «Sono andati anche lì?». No: purtroppo, “lì” non sono arrivati; e Becchina è il primo mercante di tale portata sprovvisto, ad esempio, di statue di marmo: le ha salvate. 
Ha salvato pure un oggetto di cui al mondo esistono solo due esemplari: un Sarcofago degli Sposi, meno integro che quello di Villa Giulia ma più di quello al Louvre; proviene da Cerveteri, e i carabinieri tentano da tempo di ritrovarlo; ne resta solo una polaroid. C’è tutta la tipologia dell’antico: elmi e corazze, voti a non finire. 
Anche gli ultimi oggetti che Christie’s ha restituito, tre anni fa dagli Usa: le foto di Becchina ne hanno sancito la provenienza. Senza poi contare quanto intanto ha venduto ai maggiori musei: dal Kouros del Getty, al Cratere di Assteas, da cui l’indagine è iniziata: il più grande e l’unico firmato, con il Ratto d’Europa; e infinito altro. Per l’Università di Princeton, dall’Italia sono stati scavati clandestinamente, dal 1970, un milione e mezzo di reperti. Ora, qualcosa è definitivamente ritornato tra noi. E la “caccia”, adesso, ricomincia.