Corriere della Sera, 22 gennaio 2015
«L’Italia è un mercato attraente. Ha un fantastico settore manifatturiero con piccole e medie imprese molto interessanti». Lo dice Moynaham, il capo di Bank Of America
L’America vuole comperare Italia. La giornata del primo ministro Matteo Renzi al World Economic Forum di Davos, ieri è cominciata di mattina presto, con un faccia a faccia a porte chiuse con un banchiere americano, Brian Moynihan. «I nostri clienti ci chiedono di aiutarli ad investire in mercati esteri, incluso il vostro Paese, che è tornato ad essere un mercato attraente. E il dollaro forte darà un contributo», afferma Moynihan, 55 anni, dal gennaio 2010 Ceo di Bank of America Merrill Lynch, prima banca commerciale Usa per depositi (1,1 trilioni di dollari), con oltre 2,1 trilioni di dollari di attivi, 85 miliardi di ricavi, 4,8 miliardi di utile netto nel 2014 e più di 245 mila dipendenti.
Conosceva già il premier Renzi? Di che cosa avete discusso?
«Ho conosciuto Renzi qualche tempo fa in occasione di una prima colazione a New York. L’Italia ha un fantastico settore manifatturiero con piccole e medie imprese molto interessanti. Bank of America è presente in Italia con operazioni di Investment banking e corporate banking. E i nostri clienti americani ci stanno chiedendo di supportarli e accompagnarli a entrare sul mercato e investire. Con il primo ministro Renzi abbiamo parlato di come favorire questi investimenti, quali infrastrutture e framework mettere in atto per agevolarli. Ma con il governo di Roma collaboriamo già in divesi settori e siamo stati scelti come global coordinator per la privatizzazione di Poste Italiane Spa».
Chi sono gli investitori americani e su quali settori puntano in Italia?
«Serviamo circa 30 mila clienti medi, con un fatturato che va da 50 milioni fino a 2 miliardi di dollari. Che cosa guardano? A tutta l’industria manifatturiera, dai componenti per l’auto ai macchinari, dal settore tessile a quello dei prodotti per la persona. Sia che si tratti di fabbriche che di piccole e medie aziende».
È l’euro debole e, in prospettiva, un ulteriore rafforzamento del dollaro, a favorire le acquisizioni da Oltreoceano?
«L’euro debole aiuta l’export dei Paesi europei, il dollaro forte agevolerà le acquisizioni Usa, ma c’è un rinnovato interesse per il mercato europeo».
Progettare investimenti in Italia suona come una promozione per il governo Renzi. Ha fiducia?
«Renzi ha in cantiere uno straordinario piano di riforme, di cui l’Italia ha bisogno per ripartire. Questo è un segnale positivo per gli investitori».
Riforme in cantiere, euro debole, petrolio low cost e un piano massiccio di acqusiti di titoli di Stato da parte della Banca centrale europea in arrivo, il cosiddetto «quantitative easing». L’America è ripartita anche grazie alla spinta della Federal Reserve. Quanto contribuirà l’intervento della Bce alla ripresa europea?
«Posso parlare per il quantitative easing americano. Negli Stati Uniti l’intervento della Banca Centrale ha certamente aiutato a rimettere in moto l’economia».
Gli Stati Uniti sono tornati a crescere in modo sostenuto, dopo la grande crisi. È ottimista per il futuro?
«Sono molto ottimista, la mia preoccupazione piuttosto è che il resto del mondo torni a dipendere troppo dall’economia americana».