La Stampa - TuttoScienze, 21 gennaio 2015
Si può prevedere l’evoluzione? Qualche volta sì. E che cosa ci dicono queste previsioni? Che sopravvivono più a lungo le specie modeste, stabili e che evolvono piano piano. Come i vermi
L’evoluzione è prevedibile? Alcuni scienziati sostengono di sì, molti controbattono di no. Quale visione dovremmo accettare e perché? La mia relazione al Festival delle Scienze di Roma, sabato 24 gennaio, verterà su questo problema.
In generale, basandoci sullo studio dei fossili, sembra che la migliore definizione di evoluzione sia «la sopravvivenza del più fortunato», invece che «la sopravvivenza del più adatto». Ovvero: il verdetto è che gran parte dell’evoluzione dipende da contingenze storiche e quindi non sia prevedibile. È una visione che contraddice quella tradizionale di scienziati come Charles Darwin e Richard Dawkins, ma che forse non sorprende, considerando la celebre frase – a volte attribuita al giocatore di baseball Yogi Berra e a volte al Nobel danese per la fisica Niels Bohr – secondo cui «è molto difficile fare una previsione accurata, soprattutto per il futuro». Ciò che è vero nel baseball e perfino in fisica è vero anche nell’evoluzione.
Fortunatamente per biologi e paleontologi, benché molti aspetti dell’evoluzione su grande scala siano dovuti ai capricci del fato, stiamo imparando che in alcune aree la prevedibilità è in realtà possibile. Se una specie aliena avesse visitato la Terra 500 milioni di anni fa, o anche solo 50 milioni di anni fa, non avrebbe potuto immaginare l’emergere dell’Homo sapiens. Ma, in senso più ampio, se quegli alieni avessero avuto sufficienti conoscenze di paleontologia, matematica ed evoluzione, avrebbero potuto fare una serie di previsioni attendibili su alcuni eventi di speciazione e in quali momenti sarebbero state presenti più o meno specie. Oggi, infatti, i paleontologi possono prevedere a lungo termine quali specie hanno maggiori probabilità di sopravvivenza e quali, invece, potrebbero estinguersi.
Al Festival spiegherò anche le ragioni per cui la prevedibilità nella storia evolutiva della vita sia così difficile, ma anche quando e come può essere dedotta: mostrerò come eventi catastrofici di estinzione di massa – come quello che 65 milioni di anni fa eliminò i dinosauri – inseriscano un considerevole elemento di casualità e incertezza nella storia della vita. E come il numero di specie marine sul nostro pianeta segua, perlopiù, un percorso casuale, simile a un ubriaco che barcolla. E tuttavia spiegherò anche che ci sono delle eccezioni.
In particolare, ogni 62 milioni di anni, il numero complessivo delle specie sulla Terra ha attraversato cicli di picchi e di depressioni, in corrispondenza con la posizione relativa del nostro Sistema solare nella galassia. Sebbene inquietante, ciò significa che il prossimo picco negativo nella biodiversità non è così lontano, se misurato in milioni di anni (e non lo è neppure considerando gli effetti negativi della nostra specie sul Pianeta e sugli altri esseri viventi). Mostrerò anche come elementi apparentemente diversissimi – quali le specie animali fossili, i pacchetti azionari e le stelle – mostrino in realtà comportamenti simili nel loro «evolvere» nel tempo. Questa somiglianza consente, quindi, la prevedibilità dei loro rispettivi destini a lungo termine: esistono specie che evolvono molto rapidamente, pacchetti azionari che tendono ad assumere prezzi estremamente variabili e stelle più soggette di altre a esplodere. Possiamo considerarli tutti più instabili (di altre specie, di altre azioni e di altre stelle) e tuttavia, proprio perché evolvono più rapidamente, sono proprio i tipi di specie, azioni e stelle che non prosperano nel lungo termine. Al contrario tendono a scomparire, mentre sono le specie, le azioni e le stelle più normali – statiche e meno precarie – quelle che sopravvivono e prosperano. Nella vita, come nel mercato azionario e nell’Universo, l’essere fatti in un certo modo piuttosto che in un altro alla lunga ripaga.
Tutto questo significa che, forse, non è destino che l’umanità sia padrona della Terra (visto che apparteniamo a un gruppo evolutivamente alquanto instabile, cioè i mammiferi). Potrebbero, invece, esserlo creature molto meno precarie dal punto di vista evolutivo, come gli umili e apparentemente semplici vermi. L’evoluzione mostra schemi ripetitivi e dall’incertezza e dal caso, a volte, emergono sorprendenti aspetti di prevedibilità.