il Fatto Quotidiano, 21 gennaio 2015
Altro che trasferimento temporaneo alla procura di Venezia: Alfredo Robledo rischia una sanzione disciplinare dal Cds e, subito, il trasferimento in un’altra regione con funzioni diverse. Deve discolparsi dall’accusa di aver passato informazioni ai difensori della Lega durante il processo per le spese pazze
Altro che trasferimento temporaneo alla procura generale di Venezia: il procuratore aggiunto Alfredo Robledo rischia una sanzione disciplinare dal Consiglio superiore della magistratura e, subito, il trasferimento in un’altra regione, a svolgere una funzione diversa da quella inquirente fin qui esercitata a Milano. L’ex coordinatore del dipartimento reati contro la pubblica amministrazione della procura di Milano dovrà discolparsi, il 5 febbraio, da accuse pesanti.
Il procuratore generale della Cassazione, Gianfranco Ciani, titolare dell’azione disciplinare nei confronti dei magistrati, gli ha inviato un atto d’incolpazione in cui gli contesta quattro illeciti disciplinari. In più, vista “la gravità dei fatti”, chiede alla sezione disciplinare del Csm una immediata misura cautelare, e cioè “il trasferimento ad altra sede” e “la destinazione a diverse funzioni”.
Le accuse a Robledo provengono da un’indagine antimafia di Reggio Calabria in cui è stato intercettato, tra gli altri, l’avvocato della Lega Domenico Aiello. Negli atti di quell’indagine sono rimasti registrati anche i contatti tra Aiello e Robledo. Mandati alla procura di Brescia, hanno dato origine a un’inchiesta penale a carico del magistrato: chiusa con un’archiviazione, perché le intercettazioni non sono utilizzabili in un’indagine “che non contempla l’arresto in flagranza”. Ora però le riprende il procuratore generale Ciani, contestando illeciti disciplinari. Robledo sarebbe “venuto meno ai propri doveri di imparzialità e riserbo”, rivelando all’avvocato Aiello “il contenuto di atti” d’indagine della procura di Milano: è l’inchiesta per peculato o appropriazione indebita aperta per le spese allegre dei consiglieri regionali lombardi della Lega, ma anche del Pdl, del Pd, di Sel, dell’Italia dei valori e del Partito dei pensionati. Aiello parlava con Robledo e poi riferiva ai capi della Lega, Roberto Maroni e Matteo Salvini. “Finito ora riunione in procura con capo e agg.”, scrive Aiello in un sms il 18 dicembre 2012. “Domani sera mi daranno altri nominativi ns. consiglieri indagati: hanno intercettazioni gravi contro Pdl mentre su noi pare ci sia una impiegata gola profonda”. “Adesso escono il Pd e l’Italia dei valori al 15 gennaio e purtroppo domani altri sette-otto dei nostri”, aggiunge in una telefonata. “Ce ne sono altri sette in arrivo, e domani sera so i nomi in via riservata”. E ancora, in un’altra telefonata: “Guarda che domani sera, quando io lo incontro per questi altri nominativi, lui mi dirà anche questo e mi ha garantito, poi, che entro il 15, massimo 20 di gennaio, arrivano gli stessi avvisi al Pd, all’Italia dei valori e al Movimento pensionati (...) Siccome è una persona che ha un rapporto con me stretto e di fiducia, mi ha detto: ‘Domenico te lo garantisco, su questo ci puoi spendere la tua credibilità’. Io gli ho detto: ‘Guarda che me la spendo’. Ha detto: ‘No no, garantito, sarà così’”.
Robledo ha sempre ammesso di aver risposto alle proteste di Aiello (“Ce l’avete con la Lega”) spiegando che non aveva in corso un’indagine a senso unico, ma che invece la procura di Milano non avrebbe fatto sconti a nessuno, né a destra né a sinistra. Senza promettere nulla e senza rivelare alcunché. Aiello se la vende diversamente, riferendo ai capi della Lega di avere informazioni riservate.
Robledo, poi, è anche incolpato di aver promesso ad Aiello un rapporto in cui i consulenti della procura analizzavano i bilanci della Lega dal 2008 al 2011, mettendo in rilievo le scorrettezze contabili e le illegalità di alcuni indagati, tra cui il cassiere Francesco Belsito e Renzo e Umberto Bossi. Risulta agli atti che Aiello, in quanto rappresentante della parte offesa (la Lega), fece istanza alla procura per avere quella consulenza; che Robledo espresse parere favorevole, perché era già stata raccontata dal Fatto Quotidiano il 23 gennaio 2013 e dall’Espresso poco dopo; ma che poi i sostituti procuratori impegnati nell’indagine su Belsito (Paolo Filippini e Roberto Pellicano) e il procuratore (Edmondo Bruti Liberati) decisero di non accogliere l’istanza, perché l’atto richiesto non era ancora noto agli indagati. “Ma non ci stava niente di particolare”, assicurò infine Robledo all’avvocato. Ancora: incolpato “per aver usato la propria qualità di magistrato al fine di conseguire vantaggi ingiusti per sé”. Robledo avrebbe chiesto ad Aiello di avere copia di atti del Parlamento europeo, dove sedeva Gabriele Albertini, in causa penale e civile con il magistrato. In realtà Robledo, legittimamente già in possesso degli atti, domandò ad Aiello solo a chi indirizzare un’istanza (poi accolta) in cui chiedeva al Parlamento di Strasbugo di non accordare ad Albertini l’immunità parlamentare. Il fronte favorevole a Robledo commenta: queste incolpazioni sono la vendetta di chi vuole liquidare il magistrato che si è opposto al suo capo.