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 2015  gennaio 21 Mercoledì calendario

L’industria europea ha un cuore italo-tedesco. Lo dice uno studio di Fondazione Edison e Confindustria sulle province Ue a maggiore vocazione produttiva. Nei territori profondi dei due Paesi si trova la leadership di efficienza della manifattura

Nell’intervista al premier pubblicata il giorno dell’Epifania, il direttore della «Nazione» chiese a Renzi se, in occasione dell’imminente vertice italo-tedesco del 22-23 gennaio a Firenze, egli avrebbe fatto affidamento anche sulle capacità di “seduzione” del capoluogo toscano per convincere la Merkel a cambiare idea sull’Europa. Per la verità, la cancelliera è un’assidua frequentatrice del nostro Paese, che è la meta preferita delle sue vacanze, ma ciò sinora non è mai servito molto a smuoverla dai suoi ferrei paradigmi sul rigore in economia anche a detrimento della crescita (non solo del continente ma della stessa Germania).
In questa occasione, però, potrebbe essere diverso. Non soltanto perché è appena la seconda volta che la Merkel visita Firenze e Renzi come anfitrione farà di certo il massimo in questa circostanza speciale per mostrarle le meraviglie della città. Ma anche perché l’Italia si presenta a questo appuntamento con le carte dell’economia in regola e una montagna di dati positivi per convincere il partner tedesco che la Germania deve fidarsi dell’Italia e che l’Italia non è il “problema” dell’Europa ma può esserne una soluzione.
Ci sono, innanzitutto, i conti pubblici in ordine, con un bilancio italiano sotto il 3% e un avanzo primario alto come quello tedesco. Ci sono le riforme fatte dal nostro Paese, da quella in più tappe delle pensioni (che mette in sicurezza il nostro debito pubblico nel lungo termine) a quella più recente sul lavoro. Ci sono i dati sui punti di forza dell’economia italiana (dal record mondiale di avanzi statali primari positivi negli ultimi ventidue anni al quinto surplus commerciale manifatturiero del mondo): statistiche che spesso non solo i tedeschi ma gli stessi italiani ignorano, per la prima volta organizzate in modo sistematico nelle sezioni #prideandprejudice dei siti internet dei ministeri dell’Economia e dello Sviluppo economico.
Ci sono le ricadute favorevoli del recente incontro italo-tedesco di Torino in cui, sotto la spinta dei Presidenti Napolitano e Gauck, si sono riannodati i fili del dialogo tra i due Paesi. C’è poi un atteggiamento di critica italiana all’eccessivo rigore euro-tedesco che è una assoluta novità portata dal Governo Renzi, stando però sempre pienamente dentro le regole di Bruxelles ed avendo la Germania stessa come modello per le riforme e per l’economia sociale di mercato. Ciò si è tradotto in una politica decisa, ma non avventuristica o populista, che nel semestre europeo di nostra presidenza ha spinto costruttivamente verso cambiamenti importanti sulla flessibilità e sugli investimenti, senza tuttavia mai mettere in discussione l’impegno dei Paesi membri (e dell’Italia per prima) sulla stabilizzazione delle finanze pubbliche.
Merkel e Renzi avranno perciò a Firenze l’occasione non soltanto per parlare di arte e monumenti, di storia e cultura, ma anche per confrontarsi su ciò che è successo nel 2014, sui reciproci passi in avanti fatti dai due Paesi per avvicinarsi e sull’unica soluzione che, in un’Eurozona che ha “un disperato bisogno di crescita”, per usare le parole del vicepresidente della Commissione Ue Katainen, può davvero rilanciare la crescita: la valorizzazione degli investimenti e della forza propulsiva dell’industria. È questa la vera sfida del 2015, per noi italiani come per i tedeschi. E di conseguenza per tutta l’Uem.
Proprio nell’imminenza del vertice di Firenze, la Fondazione Edison e Confindustria Bergamo hanno concluso uno studio congiunto che ribadisce, da una diversa ed insolita angolazione, l’assoluta leadership tedesco-italiana nell’industria europea e gli snodi territoriali su cui tale forza si esprime in entrambi i Paesi. L’analisi riguarda le più importanti province europee altamente specializzate nell’industria, sulla base di una serie di parametri molto selettivi: avere una quota di valore aggiunto e di occupati nell’industria superiore al 30%; avere una occupazione nell’industria di almeno 20mila addetti; inoltre, avere un valore aggiunto industriale per occupato sopra i 50mila euro. Ebbene, ci sono soltanto 53 province, prevalentemente italiane e tedesche, su oltre 1.300 province della Ue, che soddisfano tali requisiti. E soltanto 23 di esse hanno un valore aggiunto industriale superiore ai 3 miliardi di euro (su un totale di 170 province europee che hanno un valore aggiunto industriale eccedente i 3 miliardi, ma che in molti casi non si riferisce a province specializzate o riguarda grandi province metropolitane che spesso presentano esclusivamente sedi di imprese senza però la presenza di una autentica specializzazione industriale).
Se il cuore dell’industria europea batte così intensamente nei territori profondi della Germania e dell’Italia, Renzi e la Merkel dovranno pure interrogarsi a Firenze sul perché non batte altrettanto forte il cuore del Pil dell’Eurozona. Evidentemente, il problema di fondo non sta nelle capacità di offerta e nella competitività dei nostri due Paesi ma in un crollo mal gestito della domanda domestica europea e degli scambi intra-comunitari a cui serve porre urgentemente rimedio con una nuova politica economica, in cui rigore e crescita vengano meglio bilanciati.
Le province industriali italiane del Nord battono Wolfsburg e Ingolstadt
La vera sorpresa della ricerca, basata sui dati Eurostat del 2011, è che tra le prime 10 province industriali superspecializzate della Ue ben 6 sono italiane e solo 4 tedesche (vedi tabella accanto). Le province italiane di piccola e media impresa, in altri termini, surclassano le province tedesche industriali di grande impresa. Inoltre, tra le prime 23 province specializzate nell’industria che eccedono i 3 miliardi di euro di valore aggiunto industriale, l’Italia ne conta ben 9, 13 sono tedesche e 1 sola è polacca. Francia, Gran Bretagna, Spagna e Olanda non piazzano nemmeno una provincia in classifica.
Bergamo e Brescia si collocano al primo e secondo posto della graduatoria europea e precedono Wolsburg, la mega provincia-città della Volkswagen. Brescia è la sola provincia europea superspecializzata nell’industria ad avere un valore aggiunto industriale di oltre 10 miliardi di euro (assieme ad altre 12 province, prevalentemente metropolitane e senza analoga specializzazione industriale prevalente, come Barcellona, Milano, Monaco, Madrid, Berlino, Stoccolma, Amburgo, ecc.). Bergamo è seconda assoluta e spicca non solo per il suo forte tessuto di grandi, medie e piccole imprese nazionali ma anche per capacità di attrazione di importanti investimenti produttivi stranieri sul suo territorio. La Lombardia domina con ben 5 province superspecializzate nell’industria: oltre a Bergamo e Brescia, troviamo Monza-Brianza, Varese e Mantova. Seguono il Veneto e l’Emilia-Romagna con due province a testa: rispettivamente, Vicenza e Treviso, Modena e Reggio Emilia. La metalmeccanica è il settore trainante di queste nostre province industriali vincenti, unitamente ai settori dei beni per la persona e la casa, alla chimica e alla gomma-plastica. Vicenza per valore aggiunto industriale totale batte Boblingen; Monza-Brianza, Treviso e Modena precedono Ingolstadt e Ludwigschafen. Le 9 province industriali superspecializzate italiane presenti in graduatoria esprimono complessivamente un valore aggiunto industriale di oltre 65 miliardi di euro: come il valore aggiunto industriale di Finlandia, Portogallo, Lettonia ed Estonia messe insieme.
Germania: l’automobile
e il Baden Wurttemberg dominano l’industria
Sono Wolfsburg nella Bassa Sassonia, Böblingen nel Baden Wurttemberg ed Ingolstadt in Baviera le prime tre grandi province-città specializzate dell’industria manifatturiera in Germania con un valore aggiunto complessivo di oltre 23 miliardi di euro nel 2011. A poca distanza segue Ludwigshafen nella Renania Palatinato che genera altri 7 miliardi di euro di valore aggiunto nell’industria.
La specializzazione di queste grandi zone industriali rispecchia perfettamente la struttura dell’industria tedesca, in cui domina l’industria automobilistica con oltre 300 miliardi di fatturato. Seguono i settori metalmeccanico, la produzione di macchine e la chimica con un fatturato intorno ai 200 miliardi di euro ciascuno, tutti settori essi stessi in certa parte importante connessi con quello automobilistico. Wolfsburg significa Volkswagen e automobili con oltre 50.000 dipendenti che lavorano nel settore. Anche a Böblingen, 20 chilometri al sud di Stoccarda, domina l’automobile con la Daimler e la Smart. Ingolstadt è la città della Audi e di molti fornitori collegati. A Ludwigshafen si trova la Basf leader mondiale nella chimica con oltre 300 sedi di produzione nel mondo. Non sorprende che queste grandi province-città tedesche presentino quote di valore aggiunto nell’industria superiori al 50%, con un picco a Wolfsburg con oltre il 70%,, dove quasi una persona su due lavora nell’industria. Nelle altre grandi zone industriali tedesche specializzate la percentuale di persone che lavorano nell’industria oscilla tra il 30% e 40%, con valori estremamente elevati di valore aggiunto per occupato, tra cui un picco di quasi 170.000 euro per persona a Ingolstadt.
Tra le zone industriali tedesche più piccole, soltanto nella provincia di Dingolfing-Landau si trovano livelli di occupazione e di valore aggiunto nell’industria e per dipendente paragonabili alle quattro più grandi province: in tale zona produce la Bmw. Tra le altre aree tedesche con valori aggiunti totali nell’industria varianti da 3 a 6 miliardi di euro domina con le sue province la regione del Baden Wurttemberg, famosa per la sua rete molto densa di piccole e medie imprese di alta tecnologia, con le province di Esslingen (area densa di fornitori della Daimler), Heilbronn (Bosch), Ostalbkreis (Varta, Carl Zeiss, Schwäbische Hüttenwerke, Tyco Electronics), Rastatt (Mercedes-Benz, Siemens, Maquet), e Bodenseekreis (ZF Friedrichshafen, Mtu, aerospaziale). A Biberach, sempre nel Baden Wurttemberg, si trova il più grande impianto d’Europa di biotecnologia (Boehringer Ingelheim).