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 2015  gennaio 21 Mercoledì calendario

Parla Amina Sboui, la ragazza che scrive sul suo seno. «Volevo dirlo chiaramente: basta con la morale. Era lo slogan perfetto e me lo sono dipinto sul corpo. Ed essendo il mio corpo imperfetto e non eccitante è un modo per mandare un messaggio chiaro a chi cerca di mercificare la donna». Il libro di una ventenne tunisina, simbolo della rivolta femminile nei Paesi arabi

La foto del suo seno nudo ha fatto il giro del mondo. Prima sui social network, poi sulle pareti di diverse città arabe grazie alle bombolette dei writer locali. È il 1 marzo 2013 quando la diciannovenne tunisina Amina Sboui decide di trasformare il suo petto in una tela sulla quale scrive i suoi messaggi di denuncia. Per farsi portavoce della sua generazione, si fa fotografare da un’amica e mette le foto in rete. Basta un click per causare quella bufera che le costa quasi la vita. «Ho scatenato un uragano senza accorgermene» scrive in Il Mio corpo mi appartiene, il suo libro pubblicato da Giunti Editore e presentato oggi alle 18.30 alla Casa internazionale delle donne di Roma. Amina racconta come quel gesto le ha cambiato la vita, come è diventata il simbolo della rivolta femminile nei Paesi arabi. Segregata dalla sua famiglia e incarcerata dalle autorità tunisine, la prima Femen araba decide di rifugiarsi a Parigi.
Come ha scelto le frasi da scrivere sul seno?
«Da quando sono piccola mi sento fare la morale. “Devi rimanere vergine”, “Non rimanere da sola con un ragazzo”, “Non dire parolacce”, “Non metterti vestiti attillati”. Volevo dirlo chiaramente: basta con la morale. Era lo slogan perfetto e me lo sono dipinto sul corpo. Dopo aver postato la prima foto, c’è chi ha commentato il mio gesto, dicendo che ero una vergogna per la mia famiglia. Che il mio corpo non mi apparteneva. Cosa? Ecco, avevo trovato la seconda scritta da dipingere sul seno per un’altra foto: il mio corpo mi appartiene».
Per il suo gesto ha pagato molto. Come è cambiata la sua vita?
«Totalmente stravolta. Anche la mia sicurezza è cambiata. Mi sento continuamente minacciata».
Nella sua biografia descrive in modo molto duro sua madre, mentre è più clemente con suo padre che diventa complice della sua fuga in Francia.
«Spesso gli uomini riescono più delle donne a stare al fianco di chi combatte per l’uguaglianza di genere. Soprattutto i papà. Le mamme sono le responsabili dell’educazione delle figlie e sono quelle che vengono accusate di aver cresciuto donne che non rispettano la morale. Gli uomini non saranno mai sanzionati dalla società per il loro lassismo. Sono più liberi di sostenere la lotta di una figlia».
Il dibattito sulla complementarità uomo donna è stato al centro dell’assemblea costituente tunisina. Ottenendo l’uguaglianza di genere le tunisine hanno vinto la loro lotta?
«Non ancora. Ci sono poche donne che hanno potere politico, a capo di ministeri importanti, per esempio. La nostra battaglia è destinata a continuare. Anche mia nipote la combatterà e con lei tutte le ragazze che vorranno lottare affinché le donne diventino influenti».
Lei è stata la prima donna araba ad aderire a Femen, il movimento famoso per organizzare atti dimostrativi durante i quali le attiviste si mostrano a seno nudo. Che cosa l’ha portata a tagliare le relazioni con questo movimento?
«Non mi è piaciuto l’utilizzo strumentale che le Femen hanno fatto di alcuni luoghi sacri, come chiese e moschee. Io sono agnostica, ma credo che questi siano posti nei quali non si devono fare le manifestazioni. Le proteste si fanno in strada. Non bisogna offendere la sensibilità di chi frequenta questi luoghi di culto per pregare il proprio Dio».
Che cosa pensa degli attacchi alla redazione di Charlie Hebdo e del dibattito che ne è scaturito?
«L’estremismo esiste anche a Parigi. Io stessa ho subito minacce. Per questo rispetto molto il lavoro di Charlie Hebdo che è unico nel suo genere. Lo trovo una fonte di ispirazione. Non deve esserci alcun limite alla libertà di espressione. L’attacco contro questa redazione è stato scioccante, ma non ci dobbiamo fare impaurire. Altrimenti aiutiamo i terroristi a raggiungere il loro obiettivo. Eppure, non ho partecipato alla manifestazione parigini dell’11 gennaio. Non posso camminare dietro Netanyahu, la Merkel e il re di Giordania».
Nel suo libro menziona Nawaal Al-Sadawy, egiziana icona del femminismo islamico. Come risponde a chi l’accusa, mostrandosi a seno nudo, di aver mercificato il suo corpo?
«L’utilizzo che io faccio del mio corpo è diverso da quello di chi lo usa a scopo commerciale, esaltandone la perfezione fisica. Il mio corpo non è perfetto, ma lo uso perché funziona da cassa di risonanza. Se scrivessi i miei messaggi su un cartellone nessuno li noterebbe, ma se li scrivo sul mio seno tutti ne parlano. Mostrare un corpo imperfetto e non eccitante è un modo per mandare un messaggio chiaro a chi cerca di mercificare la donna».