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 2015  gennaio 21 Mercoledì calendario

Armani fa vestiti per lui che sono buoni anche per lei. «Il contrario però è impossibile. Maschi vestiti con i capi pensati per le femmine sarebbero ridicoli»

Gioco facile per Giorgio Armani se la partita è quella con in palio una moda maschile che veste anche le donzelle. Diamine sono quarant’anni che dice la sua in materia. Ridacchia così lo stilista quando qualcuno applaude al vestito per due: «Da Saint Laurent in poi “qualcosina” è stata fatta in quel senso, anche un po’ da me...». Così mai regole più preziose se dettate dal maestro. «Non è detto che una donna sia femminile solo quando veste... al femminile. Anzi. Il contrario invece no, non è possibile. Lui può rubare a lei al massimo il vezzo di un fazzoletto nel taschino o di una suola colorata, altrimenti diventa ridicolo».
Ed ecco che la nuova Giorgio Armani nei colori di armaniana memoria (blu e grigio, sopratutto) definisce il concetto: stessa giacca di jersey (lussuosissimo quello in cachemire), di velluto, di lana per lui e per lei; identici pantaloni ampi e comodi e a vita alta per lui e per lei. Senza che il primo perda virilità e la seconda sensualità. E l’uso assoluto della maglia – l’altra grande tendenza di stagione e che Armani sviluppa con maestria – allontana del tutto il fantasma della «confusione dei ruoli» perché avvolge ma mai nasconde le forme dell’uno e dell’altra e regala alla collezione una dolcezza inaspettata togliendo a molti capi (per esempio al doppio petto o al gessato) certe arie tronfie alla Al Capone.
Che sia questa la contaminazione lei versus lui? Tecnicamente nuove anche le serafino o le camicie guru o gli scolli a V ovunque. «Perché il girocollo non si può più vedere», ammette Armani, il padre della t-shirt sotto il completo! Altro sottile lavoro dello stilista sul melting pot di razze: occidente ed oriente, il cardigan e il cappello afgano. «Perché il mondo è sempre più piccolo e ci siamo amalgamati e influenzati». La moda, prima dei governi.
Maglia e maglia e ancora maglia sulle passerelle milanesi. E il bello è che c’è sempre qualcuno che racconta qualcosa di nuovo anche al quarto giorno di sfilate quando tutto sembrerebbe già scritto. Ermanno Scervino, per esempio, riesce nell’impresa anche solo per aver impreziosito uno scaldacollo con dei cristalli o ricamato le giacche con dei fiori pasticciati. E ancora notevoli i caban e i cappotti di tartan bouclé con il collo di pelliccia indossati con nonchalance su pullover a righe. I maglioncioni norvegesi e colorati o melange indossati sotto i completi grigi che così ci guadagnano in freschezza. Notevoli i caban over di shearling rovesciato e, per la sera, i pantaloni e la fascia da smoking sotto la camicia scozzese illuminata da un filo d’argento, un new dandy.
Stempera gli eccessi Roberto Cavalli: la collezione era pronta e barocca, ma dopo i fatti di Parigi lo stilista non se l’è sentita di fare lo show. Nessun orpello, un parterre minimale e una collezione che rispetta il dna della griffe e quello spirito rock e ribelle e romantico che da sempre la contraddistingue. Un giovane uomo errante fra New York, Londra e Los Angeles, alla Robert Pattinson in Twilight: la giacca piccola, i jeans trattati e skinny, gli stivali da cow boy, il giubbotto vintage, la camicia scozzese, il cappottino preciso. E ogni tanto un messaggio, cucito: «No bounds» (no barriere) e «e..empathy) (empatia). E la trattativa per la vendita in corso con il fondo Clessidra? Cavalli declina («Mi chiameranno quando c’è da firmare»), l’ad Daniele Corvasce puntualizza: «Procede bene rispettando le tempistiche previste».
In Brioni si comincia a fare sul serio. Il marchio, fondato a Roma nel 1945 e ora del gruppo Kering, è tornato a sfilare a Milano per i suoi settant’anni. «Un ritorno alle origini – spiega Brendan Mullane, lo stilista – che ho cercato di rispettare anche nella collezione». Il brand – che ha vestito da Pierce Brosnan e Daniel Craig a Barack Obama a Giorgio Napolitano – ha puntato sull’equitazione e su quel mondo di passione e rigore. Alla Brioni Academy, allestita nei cortili del Castello Sforzesco, il perfetto cavallerizzo si distingue per un look dalla silhouette asciutta, dai tessuti ricchi e dai dettagli ricercati. Sotto il cappotto con cintura bordato in pelle, c’è la giacca a tre bottoni e i pantaloni affusolati con pince.
Lo sport è Bikkembergs: quattro free climbers «scalano» in passerella mentre giovanotti super palestrati sfilano in pantaloni da jogging sartoriali, trench militari, cappotti precisi, cardigan in maglia pesante, giubbotti in neoprene, felpe e una serie di imbragature – gilet, coprispalla, bretelle, moschettoni – che danno grinta. Applausi per Stella Jean all’esordio con l’uomo. La stilista si ispira all’India e al charka, l’arcolaio usato per la filatura del cotone che Gandhi consigliò per boicottare le stoffe inglesi. «Per me la moda non si può fermare all’orlo e al taglio» dice Stella che «colonizza» così la sartorialità inglese con i colori e le fogge indiane. Christian Pellizzari, l’altro esordiente, gioca con tutto: rock, etnico, street. Il bomber di pelle e flanella sopra ai pantaloni a quadri. Divertente.