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 2015  gennaio 21 Mercoledì calendario

Cronaca di una giornata convulsa. A Berlusconi adesso il premio di lista va bene: «Può ridurre la frammentazione partitica». Gotor perde tre senatrici: voteranno sì all’Italicum (i dissidenti scendono a 26). La settimana prossima il voto definitivo sulla legge elettorale

Niente di fatto ieri al Senato sulla legge elettorale. I senatori, infatti, non hanno cominciato a votare gli emendamenti. E dunque niente resa dei conti nel Pd sulle proposte della minoranza contro i capilista bloccati. Scontro rinviato anche sul testo del democratico Stefano Esposito che “spianerebbe” la strada all’Italicum, spazzando via in un colpo solo migliaia di emendamenti. Questa proposta potrebbe essere votata oggi, ma è probabile che il suo esame slitti a domani. Con un calendario dei lavori, varato da una conferenza dei capigruppo riunita ieri sera, che ha spostato il sì definitivo all’Italicum alla settimana prossima. Senza specificare però il giorno. Dunque la giornata di Palazzo Madama si è conclusa con un “rivediamoci domani”. Ma era iniziata in pompa magna con l’incontro fra Renzi e Berlusconi. Subito dopo, il premier aveva riunito i senatori del Pd: «Dobbiamo fare la legge elettorale con Grillo e Berlusconi per non governare più con Berlusconi. Con buona pace dei frenatori noi andiamo avanti». Ma la minoranza non si è piegata. Miguel Gotor ha parlato di 29 senatori dem pronti a votare no. In realtà poi si sono ridotti a 26, perché 3 senatrici alla fine voteranno l’Italicum. In serata, a Davos, la replica di Renzi: «Bisogna avere il coraggio di togliere un po’ di polvere dal nostro paese e di superare qualche potere di veto». L’ex Cavaliere invece fa sapere che la legge è blindata e deve essere approvata a tutti i costi, votando a favore del testo Esposito. Facendo anche marcia indietro sul premio alla lista: l’ex Cavaliere adesso lo ritiene un incentivo verso il bipartitismo e la riunificazione del centrodestra. Passo che, dice Berlusconi, potrebbe servire «per introdurre l’elezione diretta del presidente della Repubblica». La decisione del leader viene spiegata in aula dal capogruppo Paolo Romani: «Renzi non ha più la maggioranza al Senato e noi riteniamo di sostituire i senatori che non concorrono all’approvazione della legge con i nostri». Posizione che Renato Brunetta traduce come la richiesta di una crisi e la nascita di un Renzi bis con dentro Forza Italia. Ma le scelte di Berlusconi spaccano Fi. Raffaele Fitto parla di «suicidio politico» di Forza Italia e venti senatori, 13 forzisti, più 7 di Gal, la pensano come lui. Stanno con il leader, invece, in 40. Renzi e Berlusconi devono fare i conti anche con il no di Lega e Fratelli d’Italia. E con quello dei grillini. Nel frattempo 12 dei fuoriusciti dal Movimento hanno creato un coordinamento: primo passo verso un nuovo gruppo.