Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  gennaio 20 Martedì calendario

Il ritorno di Carmen Consoli, dopo cinque anni di silenzio e un figlio: «Scrivo canzoni da cronista tv, cerco di amplificare il mondo femminile. Nell’album "L’abitudine di tornare" temi come il femminicidio, la povertà, l’amore lesbico

Canzoni come affreschi del nostro malessere quotidiano, nelle quali è facile riconoscere i titoli di giornali e tg. Femminicidi, una storia d’amore fra ragazze, indifferenza verso la mafia, migranti sui barconi, famiglie piegate dalla miseria. Si scorda un po’ il latte alle ginocchia depositato dai testi italiani contemporanei mentre ci si compiace del ritorno di Carmen Consoli, dopo 5 anni di silenzio durante i quali è nato il suo bambino Carlo Giuseppe: a lui è dedicata invece la delicata, deliziosa Questa piccola magia che colora di speranza il finale di un album tosto, denso, spesso polemico, senza compiacimenti e musicalmente vivace, lontano dall’ultimo folkeggiare della cantautrice catanese. Carmen porta i suoi 40 anni con una faccina da bambina, e ieri a Milano ha cantato quasi per intero, per sola chitarra, il suo L’abitudine di tornare, in uscita oggi.
Un accumulo di emozioni in dieci canzoni, dopo 5 anni di silenzio?
«Ho scritto tutto fra luglio e agosto, ho registrato in settembre. In realtà in questi cinque anni ho vissuto, mi sono goduta la mia Catania, sono andata al mercato, sono uscita la sera con gli amici a sentire musica nei club. Bisogna vivere per scrivere: ho fatto cose comuni ma anche straordinarie, come un figlio».
C’è esperienza personale, in tanti problemi che affronta cantando?
«Sono anche esperienze filtrate, condivisioni di gioie e dolori altrui. In cinque anni ho guardato anche un po’ di tv. Mi è piaciuto pensare di essere una cronista un po’ verista» (Verga è fra le sue ispirazioni, ndr).
«Ottobre» racconta la scoperta e l’accettazione di un amore fra ragazze. L’Italia è pronta?
«C’è tanta strada da fare. L’omosessualità si deve trattare non come un problema ma come una tappa. Spesso parlo del bivio: esser fedeli alla propria inclinazione o piegarsi alla convenzione? È una canzone sul coraggio di scegliere. L’Italia non è pronta, ci sono pregiudizi da superare sull’amore e non solo».
Le figure maschili escono sconfitte. C’è il femminicida col martello in mano, il pantofolaio che vive di abitudini e il furbastro con due famiglie...
«Cerco di amplificare il mondo femminile, l’Italia è piena di scarpette rosse. Ho passato tempo a guardarmi intorno e ho colto molta negatività».
L’arrivo di suo figlio. Come lo educherà?
«Ho avuto un padre meraviglioso. Spero di aver colto ciò che i miei genitori hanno seminato in me, farò la copiona».
«Esercito silente»: una Palermo indignata e impotente rispetto alla mafia.
«La mia terra è sempre stata un po’ abbandonata e criticata. Dobbiamo aspettare aiuto dall’esterno, ma con l’educazione si può cambiare. Il trend purtroppo è: tutto cambi perché nulla cambi».