Il Messaggero, 20 gennaio 2015
L’arbitro ha deciso che non poteva giocare con il turbante quel diciassettenne indiano del Sebico Villongo Basket che, come ogni domenica, era entrato in campo con il copricapo sikh. Il ragazzo ha lasciato il parquet in lacrime. E sono scoppiate le polemiche
Voleva giocare con il turbante, come aveva sempre fatto. Sabato pomeriggio, invece, un arbitro troppo attendo alle regole, ma non quelle di gioco, ha detto no. Un ragazzo indiano che gioca nel campionato under 17 in una formazione del bergamasco, il Sebico Villongo Basket, squadra che lo ha tesserato cinque anni fa, è sceso in campo come sempre con il turbate, il copricapo tipico dei sikh. Non ha mai avuto problemi, il giovane, non li ha mai avuti fino a sabato quando, contro i Roosters Presezzo, un arbitro zelante gli ha detto che non poteva giocare. Certo, il regolamento della Fiba, la Federazione internazionale che gestisce gare di ben altro livello, vieta copricapi superiori ai 5 centimetri. L’arbitro ha applicato il regolamento e lo ha mandato via. Il ragazzo ha lasciato il parquet in lacrime. La partita è durata un tempo perché i compagni hanno deciso di non tornare in campo. Poi, quando l’arbitro se n’è andato, le due squadre, con il ragazzo indiano, sono tornate in campo per giocare e divertirsi. Un brutto episodio, questo, che doveva essere gestito con maggiore attenzione e rispetto. Il regolamento c’è ma è lacunoso; lo è perché se si fa richiesta sarebbero ammessi turbanti, veli, hijab. L’Italia non lo ha fatto. L’arbitro non ha utilizzato il buonsenso prima della tolleranza. Partita persa? Piuttosto pensiamo che Gianni Petrucci, attento a queste vicende – e ieri ha difeso il giovane – permetta di rigiocare la gara magari portando le due squadre in un bel contesto, magari prima di una gara di Eurolega a Milano.