Corriere della Sera, 20 gennaio 2015
Oggi è il day after. Il giorno dopo il «Blue Monday». Se ci state leggendo siete sopravvissuti alla giornata più deprimente del 2015. Peccato che la credenza secondo cui il terzo lunedì di gennaio è il giorno peggiore dell’anno sia falsa. Ecco perché
Oggi è il day after. Il giorno dopo il «Blue Monday». Se ci state leggendo siete sopravvissuti alla giornata più deprimente del 2015. Peccato che la credenza secondo cui il terzo lunedì di gennaio è il giorno peggiore dell’anno sia falsa. Antiscientifica, pseudoscientifica, ultrapseudoscientifica, per dirla con il blogger del Guardian Dean Burnett. Tutto è cominciato un decennio fa con un comunicato stampa. Conteneva la formula delle ventiquattr’ore più tristi del 2005. Una sfilza di variabili difficilmente quantificabili decretava con matematica autorevolezza: 24 gennaio. L’equazione da allora è un po’ cambiata, ma la notizia ritorna ogni anno. Prendete il fattore meteo (a gennaio non esaltante) e il vostro salario (sempre troppo basso), combinateli con il tempo trascorso da Natale (che ha lasciato chili in più e soldi in meno), mettete in conto i buoni propositi di capodanno abbandonati e condite con la componente motivazionale. È come sommare le pere con le mele, non si fa. Ma le giornate corte fanno male all’umore (questo sì che lo dice la scienza), a gennaio le ferie estive sono un miraggio e il lunedì è detestato da chi nel weekend non lavora. In fondo la pseudo-equazione fotografa uno stato d’animo generale. A inventarla per pubblicizzare un’agenzia di viaggi è stato Cliff Arnall, presunto psicologo con un’affiliazione universitaria fasulla. Sempre lui ha decretato il giorno più felice dell’anno (un venerdì di giugno). Ci si può scandalizzare, ma anche riderci su. Forse il successo di una panzana è uguale alla fatica di leggere cose serie più la noia per la routine quotidiana, moltiplicato per l’analfabetismo di ritorno ed elevato all’utilità della bufala per giustificare i vizi a cui non si vuol rinunciare.