Corriere della Sera, 20 gennaio 2015
Il governo non ci dirà quale sia stato il prezzo pagato per la libertà di Greta e Vanessa. Se è denaro, come sembra, un governo dovrebbe chiedersi, prima di pagare, quale uso ne verrà fatto, e non dovrà andare molto lontano per giungere alla conclusione che servirà a comprare nuove armi. Ma non è escluso che al governo, nel corso della trattativa, siano state fatte altre richieste, meno confessabili
Appena si dà contro all’operato delle due ragazze rapite in Siria, si parla di cinismo soprattutto maschile; mi domando quale organizzazione sia quella che le ha spedite in un teatro di guerra come quello medio orientale, penso sprovviste anche di un’adeguata esperienza. A tutto ciò si aggiunga anche il pagamento del riscatto, negato ma anche ammesso dal ministro Gentiloni, che verrà usato per altre imprese terroristiche tipo Parigi. Visto che non è il primo sequestro di cittadini italiani finito in tale modo, non pensa che si debba porre un freno a questi «cooperanti»?
Carlo Ferrazza
attifer@gmail.com
Caro Ferrazza,
Il riscatto di un prigioniero, nel mezzo di una guerra come quella che si sta combattendo in Siria, è un’operazione costosa, non solo finanziariamente. Il governo ha deciso di liberare l’ostaggio perché temeva che la pubblica opinione, se non avesse agito, gli avrebbe rimproverato un comportamento inetto, lo avrebbe accusato di avere mancato all’obbligo di proteggere e difendere i propri connazionali all’estero. Ma la liberazione, quando è realizzata nel modo in cui sono state liberate le due giovani donne rapite in Siria, lancia al mondo un messaggio opposto. Dice che il governo italiano non ha altro mezzo, per liberare i suoi cittadini, fuor che quello di piegarsi alla volontà dei rapitori, segnala ai loro compagni e complici che l’Italia è un eccellente bersaglio, rende il governo responsabile di rapimenti futuri.
Il governo non ci dirà quale sia stato il prezzo pagato per la libertà degli ostaggi. Se è denaro, come sembra, un governo dovrebbe chiedersi, prima di pagare, quale uso ne verrà fatto, e non dovrà andare molto lontano per giungere alla conclusione che servirà a comprare nuove armi o, nella migliore delle ipotesi, tutto ciò che può essere utile alla continuazione del conflitto. Ma non è escluso che al governo, nel corso della trattativa, siano state fatte altre richieste, meno confessabili. Negli anni Settanta corse spesso la voce che i servizi italiani, nella persona del colonnello Stefano Giovannone, avevano concluso un modus vivendi con l’Olp di Yasser Arafat.
Quali conclusioni, caro Ferrazza, dovremmo trarre da questa vicenda? In attesa di una soluzione europea come quella prospettata da Angelo Panebianco sul Corriere di ieri, le conclusioni sono almeno due. In primo luogo il governo ha l’obbligo di comunicare ufficialmente che i viaggi in certe aree sono fortemente sconsigliati e, in secondo luogo, che chiunque ignori questa raccomandazione viaggia a suo rischio e pericolo. Possono esservi eccezioni per coloro che svolgono una missione spirituale o umanitaria nell’ambito di un programma ufficialmente riconosciuto. Non sembra che questo sia il caso delle giovani donne rapite in Siria.