la Repubblica, 20 gennaio 2015
«Mio padre Stephen Hawking, genio fantastico e testardo. Quant’è difficile avere un genitore così speciale». Lucy è la figlia del celebre astrofisico, insieme scrivono libri per spiegare ai bambini i misteri dell’universo
In due occasioni Stephen Hawking ha potuto vedere il film di James Marsh La teoria del tutto, da alcuni giorni nelle sale italiane, che ripercorre la storia d’amore tra l’astrofisico e la moglie Jane Wilde e le tappe della malattia che lo costrinse da giovane sulla sedia a rotelle. La prima a una proiezione privata alla Working Title Films di Londra, da cui Hawking pare sia uscito visibilmente commosso, e poi a dicembre per la premiére all’Odeon Leicester Square, dove i fotografi lo hanno immortalato accanto alla figlia Lucy e a Eddie Redmayne, l’attore inglese che si è aggiudicato un Golden Globe ed è candidato all’Oscar per l’interpretazione di Hawking. «Conoscerlo è stato toccante – ha detto Redmayne – ho scoperto l’arguzia e il senso dell’umorismo di una persona straordinaria, la sua generosità e determinazione». Nonostante la sua esistenza sia stata compromessa dalla sclerosi laterale amiotrofica, il più famoso studioso dell’origine dell’universo e dei buchi neri continua le sue ricerche e, con la figlia, anche l’attività di divulgazione scientifica. «Lavorare con mio padre è fantastico – spiega la Hawking, 44 anni, scrittrice e giornalista, al telefono dalla casa di Londra – anche se talvolta è un po’ testardo e intransigente».
Nel film emerge la grande sofferenza vissuta da suo padre. Che cosa ha provato, da figlia, vedendolo?
«Sono stupefatta da come Redmayne si è calato nella parte, lo sforzo che ha fatto a livello fisico è sbalorditivo. I suoi gesti, i movimenti della faccia, degli occhi, sono identici a quelli di papà. Tutto mi è apparso così vicino al vero, alla nostra vita. Mi ha commosso, per esempio, quando ho rivisto la nostra casa, in cui sono cresciuta. Non c’è una scena o un’inquadratura che non corrisponda alla realtà. È impossibile distinguere tra l’attore e il personaggio che impersona. C’è un’aderenza anche con la personalità di mio padre».
A lui è piaciuto il film?
«Molto, anche se da astrofisico avrebbe preferito che si raccontasse di più delle materie dei suoi studi».
Com’è nata la vostra collaborazione?
«La scintilla è stata la voglia di provare qualcosa di nuovo. Non avevo mai scritto prima di scienza in forma creativa, e papà non aveva mai cercato di organizzare i suoi pensieri su fisica e cosmologia dentro una trama narrativa. Così ci siamo messi a scrivere storie che sono diventate dei libri. Abbiamo incontrato delle difficoltà, era un’esperienza nuova per entrambi ma è stato divertente e gratificante farlo insieme. Oggi i nostri racconti sono pubblicati in più di quaranta lingue ed è in fase di preparazione una versione animata per una serie tv con lo studio d’animazione canadese NerdCorps».
In tutti i vostri bestseller fino a Il codice dell’Universo, in Italia a maggio, avete scelto di spiegare i segreti del cosmo ai più piccoli mescolando scienza e fiction.
«Raccontiamo le avventure di due piccoli eroi, George e Annie, che viaggiano nello spazio alla scoperta del sistema solare. Nel farlo apprendono concetti scientifici anche complessi che serviranno loro per sconfiggere le forze del male e salvare il pianeta Terra».
Com’è stato crescere con un papà astrofisico?
«Ha scelto di chiamarmi Lucy perché il nome proviene dal latino, significa luce, lo studio della luce è uno dei principali interessi dei fisici. Fin dalla nascita sono stata segnata dalla sua passione per la scienza. Da ragazza ero brava in matematica e in scienze ma rimase deluso quando scelsi di non approfondire gli studi in quei campi. Preferii l’arte e la letteratura, ma come vede mi sono servite per spiegare le scoperte di mio padre e dei suoi colleghi ai bambini».
Hawking ha detto «guardate le stelle invece dei vostri piedi». È anche un invito a usare di più la fantasia?
«È una possibile lettura. La fantasia, secondo molti scienziati, rientra nel percorso di scoperta scientifica, è una componente chiave del processo scientifico, soprattutto quando c’è una relazione tra fantasia e informazioni. L’immaginazione, da sola, rimane pura fantasia. Così l’informazione senza immaginazione si compone solamente di dati, ma se le combiniamo insieme si possono fare grandi passi».
Il vostro prossimo libro che uscirà in Inghilterra, George and the Blue Planets, di che cosa tratterà?
«Sarà l’ultimo della serie, con tanta azione. Abbiamo costruito una trama esilarante e imprevedibile dove i nostri eroi vanno alla ricerca della vita nel nostro sistema solare».