la Repubblica, 20 gennaio 2015
Il Riesame su Mafia Capitale: Buzzi con Alemanno faceva affari d’oro. Il 4% del fatturato della coop tornava ai politici, inquinati tutti gli appalti Ama. «Il capo della 29 giugno è un soggetto pericoloso e rappresenta una minaccia per le istituzioni»
La politica, gli affari, le mazzette. L’associazione a delinquere e la corruzione. L’Ama, ma anche il Comune di Roma. Con la conseguenza che gli appalti erano spesso, quasi sempre, pilotati e le nomine spesso, quasi sempre, caldeggiate con lo scopo di fare business. È questo il quadro che viene dipinto dai giudici del Tribunale del Riesame di Roma nelle motivazioni della sentenza con cui hanno detto no alla scarcerazione di parecchi indagati di Mafia Capitale tra i quali, appunto, il ras delle cooperative. Un soggetto «pericoloso», una «concreta minaccia per le istituzioni» e la dimostrazione in carne e ossa del «fallimento della funzione rieducativa della pena». Un uomo che, grazie all’aiuto di Massimo Carminati, ha fatto fiorire le sue aziende. Soprattutto nel periodo in cui al Campidoglio c’era Gianni Alemanno. «Certo è che Buzzi con la giunta Alemanno, e con gli amministratori pubblici che ne erano espressione, ha fatto affari d’oro – scrivono le toghe – anche grazie al ruolo svolto da Carminati che con quei personaggi aveva dimestichezza perché provenienti dalla sua stessa area politica e, per sua stessa ammissione, il fatturato delle cooperative è più che raddoppiato in poco più di due anni, passando da circa 25 milioni a circa 60 milioni di euro».
LA PERCENTUALI DEI PARTITI
Un sistema vincente, quello di Buzzi, foraggiato con tangenti e amicizie che lui gestisce personalmente. «Soprintende la gestione della contabilità occulta dando disposizioni alla “cassiera” Nadia Cerrito sulla preparazione delle “buste” contenenti denaro da versare ai pubblici funzionari corrotti o da distribuire ai “soci occulti” delle cooperative ed in particolar modo al capo dell’associazione, Massimo Carminati». È lui a curare i rapporti del clan con la politica e, quindi, ad assicurarsi il favore dell’amministrazione. «Buzzi – si legge nelle 149 pagine di ordinanza – mantiene rapporti confidenziali con pubblici funzionari e amministratori fino ai massimi livelli». Amicizie che gli consentono di pilotare anche gli incarichi: ha un «ruolo determinante – per i magistrati – nelle nomine anche di livello apicale» del Campidoglio e delle società partecipate.
Insomma, il potere di Buzzi sembra quasi assoluto. E perfettamente oliato. Spiegano i giudici che, mentre all’inizio, per aggiudicarsi le gare partecipa con più società sotto nomi diversi, «in un secondo momento la strategia cambia, e viene prevista per ogni aggiudicazione una percentuale “alla politica” dell’entità variabile dal 3 al 4 per cento sull’importo della gara».
I RIFIUTI NEL MIRINO
L’oggetto del desiderio è principalmente l’Ama. Azienda che «piuttosto che improntare la propria attività a criteri di imparzialità e buon andamento della pubblica amministrazione, ha intrat- tenuto con le cooperative di Buzzi rapporti basati sulla corruzione». I soldi finivano principalmente nelle tasche dell’ex ad Franco Panzironi, «punto di riferimento fondamentale per Buzzi per l’aggiudicazione degli appalti in Ama e, comunque, per ogni problema che quest’ultimo ed il sodalizio ha nei confronti dell’amministrazione romana». Servizi pagati profumatamente. L’ex ad di Ama, scrive il Riesame, «riceve elargizioni continue, quasi una sorta di retribuzione da parte del sodalizio, quale compenso per il mercimonio della sua funzione». Il risultato è che «si può affermare, senza pericolo di smentita, che in Ama il fenomeno corruttivo abbia raggiunto la massima espressione, inquinando tutte le gare. Tale fenomeno è stato il modo nel quale l’associazione di tipo mafioso, facente capo a Carminati, ha avuto modo di infiltrarsi nella gestione della “cosa pubblica”».
“CORROTTO, NON MAFIOSO”
I giudici hanno invece annullato l’ordinanza per quanto riguarda l’altro fedelissimo di Alemanno, l’ex ad di Eur Spa, Riccardo Mancini: «È un funzionario corrotto, ma non sembra possa essere affermato che egli faccia parte dell’associazione criminale». Eppure, precisa il suo avvocato Luciano Moneta Caglio, «non è mai stato sottoposto a procedimenti penali per reati di corruzione».