Corriere della Sera, 20 gennaio 2015
Nel caso di Greta e Vanessa si indaga ora sul loro amico Mohammed Yaser Tayeb, siriano, già «attenzionato» dai pubblici ministeri del pool antiterrorismo. L’uomo, in Italia da 25 anni, un lavoro da pizzaiolo vicino Bologna, potrebbe aver svolto una parte nel sequestro delle due cooperanti
S’indaga, ora, sull’amico di Greta e Vanessa. Mohammed Yaser Tayeb, 47 anni, siriano, già «attenzionato» dai pubblici ministeri del pool antiterrorismo. L’uomo, in Italia da 25 anni, un lavoro da pizzaiolo ad Anzola (Bologna) potrebbe aver svolto una parte nel sequestro di Vanessa Marzullo e Greta Ramelli. Proprio Greta, lo scorso aprile, gli aveva affidato dettagli e coordinate del suo viaggio in Siria, spiegandogli, telefonicamente, anche il progetto formativo di pronto soccorso per i miliziani anti-Assad che aveva previsto ad Aleppo. In quel periodo i telefoni di Yaser Tayeb erano già sotto controllo e la chiamata è stata registrata.
Non sarebbe la prima volta che, in una vicenda di rapimento e riscatto, si verifica un tradimento. Ma la notizia affiora nel giorno forse più complicato dopo la liberazione delle ragazze. Quando anche il presidente del Copasir, Giacomo Stucchi, parla di «giovani avventate e sprovvedute». Intervistato a SkyTg24, Stucchi, sottolinea l’improvvisazione della missione ad Aleppo con parole severe: «Anche Amnesty ha ricordato che sulla cooperazione non si scherza e non si improvvisa, è un messaggio importante anche perché le conseguenze quando si tratta di affrontare un sequestro non sono solo, seppure importanti, di tipo economico: occorre impiegare risorse e uomini in territori delicatissimi, che mettono a repentaglio la loro stessa sicurezza». Stucchi conferma, in qualche modo, il pagamento di un riscatto: «Contropartite ci sono sempre quando uno riesce a liberare ostaggi, ma non sempre sono di tipo economico. Dalle informazioni in mio possesso posso dire che la contropartita di cui si è parlato (12 milioni di dollari, ndr) appare francamente esagerata, il che non vuol dire che non ci sia stata». E ancora: «A prescindere dall’importo, pagare dei soldi è un errore, meglio individuare altre soluzioni, meno dannose anche per il futuro perché se io faccio vedere che sono disponibile a pagare poi tutte le persone che si recano in certe zone diventano un bancomat per i terroristi».
Che tipo di collaborazione abbia fornito Yaser Taheb è ancora interamente da chiarire. Se cioè si sia trattato di un vero e proprio ruolo di collegamento con una delle organizzazioni che poi hanno rapito le due cooperanti, oppure altro.
I magistrati sembrano però convinti che, nel pianificare la loro iniziativa, le due donne, in perfetta buona fede, abbiano finito per fidarsi delle persone sbagliate. Ma cosa c’era in quella telefonata di rilevante? La Ramelli, in sostanza, forniva alcune coordinate importanti. Spiegava all’amico di voler pubblicare le proprie foto su Facebook, corredate di una presentazione delle attività già svolte, una sorta di curriculum insomma, parlando anche di immagini da pubblicare o meno. Dati sensibili da divulgare insomma. Nel frattempo sembra smentita l’ipotesi di un collegamento fra l’episodio di Greta e Vanessa e un altro sequestro, avvenuto nella primavera del 2013, sempre in Siria. Quello dei reporter Amedeo Ricucci, Elio Colavolpe, Andrea Vignali e la free lance italo-siriana Susan Dabous. In quel caso i quattro erano in contatto con Maher Alhamdoosh, studente a Bologna e amico del pizzaiolo di Yaser Taheb.