Corriere della Sera, 20 gennaio 2015
Lo storico Miguel Gotor, senatore democratico bersaniano, autore dell’emendamento sull’Italicum che fa tremare Palazzo Chigi: «Macché nuovo D’Alema, scrivete che sono un bravo ragazzo». E Renzi lo definisce «il mio nemico preferito»
«Il canguro di Renzi? Cancellare d’un colpo i nostri emendamenti sarebbe un atto di gravissima irresponsabilità e noi ci sentiremmo con le mani libere. Spero non avvenga...». Stremato dalla maratona oratoria davanti al plotone di telecamere e giornalisti, Miguel Gotor si accascia su un divanetto del salone riservato alla stampa: «Scrivete che sono un bravo ragazzo». Non un leader, perché «non è il mio ruolo». E quando un cronista lo definisce il nuovo D’Alema, l’autore dell’emendamento che fa tremare Palazzo Chigi lascia l’italiano dei professori e passa al romanesco: «Di che stiamo a parla’, avrebbe detto Alberto Sordi?».
Se Bersani nel 2013 avesse vinto, oggi Gotor sarebbe ministro della Cultura. Invece è il senatore che Renzi, arrivando a Palazzo Madama, ha definito «il mio nemico preferito». A lui la definizione è piaciuta, perché la vanità non gli fa difetto e sin da ragazzo è abituato a primeggiare: storico, autore di saggi di successo, cattedra di Storia moderna a Torino, nel 2008 ha vinto il Premio Viareggio con le Aldo Moro, Lettere dalla prigionia. La passione per gli archivi è ancora intatta, ma adesso la sua battaglia è impedire che la nuova legge elettorale «voluta da Berlusconi e Verdini trasformi il nostro Paese in una democrazia di cooptati». Per impedirlo è pronto a sfidare Renzi e ripete che lui non mollerà: «Se la proporzione tra nominati ed eletti con le preferenze non cambia, io questa legge non la voto».
Guai a chiamarlo gufo, perché è una cosa che non sopporta: «È una parola che fa parte della propaganda, piuttosto il premier non faccia lo struzzo». A chi lo attacca e definisce il suo emendamento «contro Renzi», ribalta il concetto: «Sto facendo il massimo per l’onorabilità del Pd e della sua storia». E se qualcuno spera che la sua sfida sulla legge elettorale si riveli una breccia per la scissione, Gotor risponde come farebbe Bersani: «Civati sbaglia. Io resto nel Pd con due piedi, il cuore e la testa».